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Al Sig.r Card.le Bellarmino 21 ottobre 1607.
Io scrivo di rado a V.S. Ill.ma, si per non essere a lei molesto con lettere non necessarie, si anche perchè tra la mia poca salute, e il convenirmi esser quasi di continuo con la penna in mano per soddisfare massime in questi paesi a l'obbligo del'officio mio, non mi sento invitar molto a scriver senza bisogno. Tuttavia considerando esser passati parecchi mesi, che ne io ho scritto a V. S.Ill.ma ne tampoco ricevuto sue lettere, non mi son potuto più contenere di non farle riverenza con queste poche linee, e di non supplicarla insieme, come faccio, umilmente non mi diminuir punto della grazia sua in questa mia assenza come all'incontro ella può esser sicura che io continuo ne la mia devotissima servitù verso lei senza diminuzione alcuna. E perchè sebbene V.S. Ill.ma se mal non mi ricordo, è solita di non approvar molto quel detto, che honos alat artes, creda però, che non sia di parer contrario, che almeno i ministri sapendo che il principe a cui servono sia soddisfatto dell'opera loro, non prendano animo e vigore per servir lo con diligenza tanto maggiore. E però sebbene io non ho argomento alcuno di mala soddisfazione che abbiano i padroni del mio servizio, non ne ho però neanche alcuno positivo, che ne siano soddisfatti; se perciò paresse a V.S. Ill.ma, venendole in taglio, di tener proposito col Sigr Card.le Borghese della mia persona, anzi se ben lo facesse a bello studio, son sicuro, che non prenderebbe l'officio se non in buona parte, perchè già sanno che lei è mio protettore e fautore; crederei ch'ella potrebbe per quella via intender qualche particolare circa i miei portamenti in questa mia carica, che forse mi potrebbe porgere non pur consolazione, ma aiuto ancora di andarmi avanzando ogni di più nel servizio de la S di N. S.re almeno che mi gioverebbe per ricordo et avvertimento di correggere alcun mio errore. Il che io non reputerei per piccolo guadagno
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