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In Sessa è una chiesa parrocchiale dipendente da questa mia abbadia di Santo Benedetto di Capua, come V.S. più volte ha inteso. Il nipote del vescovo di Nardò, che abita in Sessa vicino a questa chiesa, ha aperto una porta che riesce in un cortile della chiesa già detta. Io, avvisato di questo dal curato, avrei potuto, secondo lo stile del paese, mandar gente e serrargliela per forza, ma volsi usare la mansuetudine ecclesiastica e scrissi al vicario di Sessa che come ordinario vedesse questa causa. La vide e giudicò che la porta si dovesse serrare. E quando io penso che la lite sia finita, ecco che viene dall'ill.mo sig.r cardinale San Giorgio una supersessoria, e poi da monsignor Lancellotto una inibitoria; e procura questo nipote del vescovo di Nardò tirar la causa in lungo e in questo mentre tener la porta aperta in pregiudizio della chiesa e poca reputazione mia, parendo qua che più possa in Roma la potenza del vescovo di Nardò che la giustizia del Cardinal Bellarmino. Desidero che V.S. ragioni di sto fatto a monsignor Lancellotto et a mons.r Garzadoro, o ancora, se gli pare, al sig.r Cardinal San Giorgio, con dirgli da parte mia che questa è una causa leggerissima che si può finire in piedi da chi vede il luogo, e che però mi faccino grazia di commetterla al vescovo di Sessa o ad altri qua in partibus, o di revocar la inibitoria, o almeno di comandare che si serri la porta, e poi si litighi, se si deve aprire in pregiudizio della chiesa.