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Molto Reverenda in Xto. Madre


Copia di una lettera mandata dal P. Baldassare Loyola Mandes, della Compagnia di Giesù alla Signora Pavola Isabella Torelli superiora della Guastalla in Milano, alli 9 di Giugno 1665.


Pax Christi.

Quella celeste Madre sotto l’ombra della quale noi viviamo, grandemente desidera, ch’i suoi imitatori et imitatrici nell’angelica purità attendino con ogni diligenza alla conversatione perfetta del suo amantissimo, et amatissimo figlio. Ma perché veggo quanto sia facile lo sviarsi da questo gran bene per qualche cosa ancorché fosse molto buona, e santa, mi sono determinato di venir con queste righe, non per essortar V. S. insieme con le sue in Xto. figlie, ma solamente per svegliar, et infiammar magiormente il loro cuore alla perfetta unione dell’infinita bontà e divotione verso la gran Madre di Dio Maria; mentre lo stato felice di loro signorie questo solo richiede. Havete donque da sapere, sorelle mie, ch’in nessun modo la persona gusta tanto d’esser illuminata dalla celeste verità quanto col mezzo dell’oratione humile, continuata, e fondata nel conoscimento di se stesso e di Dio suo creatore. Imperoché essercitando l’oratione nel modo sopra detto congiunge l’anima in Dio seguitando le vestigie di Christo crocifisso, e così per affetto, desiderio, et unione di fino amore né fa un altro se; all’hora con verità potrà dire francamente: quis nos separabit a charitate Christi? Tribulatio, an angustia, an fames, an nuditas, an periculum, an persecution, an gladius?[1] Con tutto quello che seguita nell’espistola ottava dell’Apostolo San Paolo ai Romani. Però chi non ha ancora incominciato assegiar il sapore di queste celeste manna dell’amore divino, gli pare la vita così spesa in tal conversatione tanto continua del suo creatore molto fastidiose e parimente noiosa, ma se egli una volta animosamente incomincia provarla predicarà al certo per l’universo mondo: Fratres non sunt sondignie passiones huius temporis ad futuram gloriam quae revelabitur in nobis. Ah! Piacesse a Dio ch’ogn’uno intendesse una volta questa infallibile verità, la quale non è hoggi dì nel mondo ben’intesa. Ma chi vuol poi facilmente intenderla bisogna fissar l’occhi suoi in quella mattutina stella, che con la sua apparenza nella mente fa svanir subito ogni tenebre, e fa veder la chiarezza del sole di giustizia nell’anima di chi l’ammira. Questa Vergine Beata bellissima Rosa di Ierico, la quale fu prodotta senz’alcuna spina di peccato, o per dir meglio, quel candido, et odorifero giglio in comparatione del quale tutte l’altre donne si possono chiamar spine come di lei disse lo sposo divino: Sicut lilium inter spinas, sic anica mea inter filias[2]; è quella, che deve esser sempre la nostra guida, e mezzana fra noi, e Dio, come tale fu anche fra il cielo e la terra, mentre dal principio fu eletta per l’unico mezzo della nostra salute; poiche dal purissimo sangue delle sue viscere si è formato il corpo di quel Dio humanato, che per salvar noi altri peccatori sparse volontariamente il suo pretiosissimo sangue e diede totalmente la sua propria vita.

  1. Rom. 8, 35.
  2. Cantico dei cantici 2, 2.