F.C. 1042 Other Manuscripts Bibliography

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Introduction

Pierre Favre (1506-1546).
Pierre Favre (1506-1546) was one of the first of Ignatius of Loyola's companions and the first Jesuit ordained priests. He the is author of a famous Memoriale, a spiritual text first published in 1873, one year after his beatification by pope Pius IX.[1]

During the 20th century, many editions and translations of the Memoriale were published.[2] Most of these publications have been based on the critical edition of the text published within the Monumenta Historica Societatis Iesu in 1914.[3] Since that year, other manuscripts containing the Memoriale have been discovered. A more recent survey of them was done by Michel de Certeau, who in 1960 recorded 15 manuscripts of the Memoriale and for the first time tried to build a stemma codicum.[4]

In 2018, more than 50 years after the de Certeau's work, a previously unknown manuscript of the Memoriale was discovered in the Historical Archives of the Pontifical Gregorian University (shelf-number FC 1042). This manuscript seems to be a very old testimony of the Memoriale and, above all, is one of the few manuscripts containing the whole text.

With the Pierre Favre collection, our aim is to produce a digital edition of the manuscript FC 1042. A digital reproduction of the manuscript has been made and uploaded to GATE: it is available at this link.

A full transcription of the manuscript is available: the text has been collated with the canonical one - published in 1914 in the Monumenta Historica Societatis Iesu - in order to highlight all the variants. During this work, a critical commentary was added to the transcription.
This project is also intended as a chance to create a permanent Pierre Favre 'workshop', to gain a deeper insight into his works and time. For this reason, we have also set up a Pierre Favre bibliography, where all the publications about him will be recorded: the bibliography will become the starting point for any future research about Favre and his Memoriale.

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Le diable archiviste

Queste note sono un primo risultato del seminario dedicato all'edizione del Memoriale di Pierre Favre realizzata da Michel de Certeau (2025).

Uno dei luoghi comuni più triti di celebrazione dei “classici”, che finisce per relegarli in un vuoto limbo, fuori del tempo e dello spazio, […] consiste paradossalmente nel descriverli come nostri contemporanei e nostri vicini, i più vicini dei vicini, tanto contemporanei e tanto vicini da non farci dubitare neppure per un momento della comprensione apparentemente immediata (ma in realtà mediata da tutta la nostra formazione) che crediamo di avere delle loro opere. (Méditations pascaliennes. Pierre Bourdieu)

Notitia codicum

  • Secondo gli editori dei Monumenta Fabri (MF) (1914), il Memoriale I, contrassegnato nei MF con la lettera R (codex 9), oltre alle segnature delle pagine, i singoli quaderni, undici per la precisione, sono contrassegnati da altrettanti numeri.

Non tutti i fascicoli sono composti dallo stesso numero di fogli. Questo codice del Memoriale fu usato principalmente da Niccolò Orlandini (1553-1606)[5] e da Francesco Sacchini (1570-1625)[6]. Sebbene è stato molto probabilmente composto a Roma, non c'è certezza che sia stato copiato da un autografo che non si conserva.
Il fatto che alcuni frammenti, sebbene pochi, siano inseriti in luoghi diversi da vari apografi, sembra indicare che siano stati scritti da Fabro su fogli sciolti e posti in luoghi diversi dai copisti.

  • Il Mem. II, indicato con la lettera H nello stemma codicum, è la terza parte del codice precedente.

La diversità della carta e delle segnature delle pagine mostra che un tempo era un codice separato dal primo.
A fol. XII si legge: «Memoriale P. Petri Fabri hispanice» ecc. Di fatto, questo esemplare contiene molte più parti scritte in spagnolo rispetto al precedente. Poiché, le note marginali di Sacchini si trovano in tutto questo codice e solo nelle ultime pagine del precedente, che qui mancano, alcuni ritengono che queste parti siano state scritte da Fabro stesso in spagnolo. Tuttavia, il modo di scrivere lo spagnolo, decisamente più curato di quello usato di solito da Fabro, e i numerosi errori, che forse un amanuense italiano ha introdotto, suggeriscono il contrario.

Sed ego non sum ego[7]


Ad ogni modo, le opinioni che il testo originale sia stato scritto da Fabro in spagnolo sono molto diffuse. In parte, si nutrono dell'idea che la comunicazione orale tra Fabro e alcuni dei suoi compagni (Ignazio di Loyola, Francesco Saverio) fosse in spagnolo. Questa idea rinforzerebbe l'approccio al Memoriale come se fosse il prodotto di una coscienza individuale. Di conseguenza, nel testo potrebbero riconoscersi sentimenti, pensieri, ecc. Questo ragionamento, come succede con gran parte delle analisi secondo certi paradigmi della storia culturale, si orienta a partire del concetto di rappresentazione. Una alternativa a queste teorie sarebbe introdurre il concetto di comunicazione, giacchè le descrizioni alle quali si riferisce la storia culturale sono manifestazioni testuali, vale a dire, comunicazioni. In questo senso, sarebbe importante distinguere tra le tecnologie della parola e quelle della scrittura nel contesto della modernità incipiente[8].
L'ipotesi di un originale autografo denota una osservazione filologica propria del secolo XIX che non interessava ai coetanei del Memoriale. Si pensi allo slittamento semantico del concetto di copia e di conseguenza di quello di originale. Copia stava a indicare una abbondanza associata normalmente alla quantità di argomenti a disposizione.
Quando il concetto devierà per indicare un esemplare identico si modificherà anche il concetto di originale che, invece di indicare l'origine dal quale proviene qualcosa, individuerà ciò che non ha precedenti nel passato. Questo determina una diversa considerazione del concetto di autografia riguardo le opere storiche e letterarie della prima modernità. Nella prima modernità manca ancora la idea di una dignità intrinseca dell'autografo così come succederà nella modernità avanzata.
Dal testo non è possibile risalire alla mano di chi scrive, né dalla mano alla coscienza dello scrittore. Lo storico considera soltanto le comunicazioni, i documenti, ma le comunicazioni non hanno cattivo alito. L' ego che appare nel testo del Memoriale non corrisponde a un io psichico, vale a dire all'operazione di una coscienza individuale ma alla aspettativa con la quale il sistema sociale considerava l'io. L' ego in questione è un ego comunicativo che deve essere modellato secondo la legge evangelica prevista per il discepolo il quale deve rinnegare se stesso.
È evidente che ogni processo comunicativo presuppone individui che lo inizino. Ma l'utilizzo che si fa dell' io corrisponde all’antico concetto di persona[9] e non di individuo. Così N. Luhmann: Ma allora si dovrebbe parlare di persone nel loro vecchio e stretto senso, e non di individui (esseri umani, coscienza, soggetti, ecc.). I nomi e i pronomi utilizzati nella comunicazione non hanno la minima analogia con ciò che indicano. Nessuno è 'io'. E lo è così poco come la parola mela è una mela[10]. Un testo del De Poenitentiae di Sant'Ambrogio è particolarmente indicativo:

L'uomo rinneghi se stesso e si trasformi completamente, come quel giovane di cui parla la favola. Questi, essendo andato in terra straniera dopo aver avuto una relazione con una prostituta, e quindi essendo ritornato dimentico di quell'amore, incontrò successivamente la vecchia amante la quale, stupita che non le avesse rivolto la parola, pensò di non essere stata riconosciuta. Allora, incontrandolo una seconda volta, gli disse: 'Sono io'. Ma egli le rispose: 'Ma io non sono più io'.

Questo testo di Sant'Ambrogio ebbe ancora una ricezione da parte di San Francesco di Sales:

Il mutamento del luogo è molto utile per calmare la febbre e l'agitazione causate sia dal dolore che dall'amore. Il ragazzo di cui parla S. Ambrogio nel II libro della Penitenza, ritornò da un lungo viaggio completamente guarito dai futili amori che l'avevano attanagliato prima; alla sciocca amante che, incontrandolo gli disse: Non mi conosci? sono sempre la stessa! Sì, certo, rispose, ma sono io che non sono più lo stesso. La lontananza aveva operato in lui quel felice mutamento.[11]

Questo «io narrativo» è moralizzante e moralizzato, nel caso del Memoriale, si tratta di una morale ancora indistinta dalla religione. In qualche modo, il testo del Memoriale è ancora radicato in un mondo medievale che comunque si evolve velocemente.[12]

È opportuno qui segnalare che la Vita di Fabro scritta da Orlandini sarà stampata a Lione presso Pierre Rigaud che già precedentemente aveva stampato la editio princeps della Introduction à la vie dévote.

Sodalibus scolastici parisiensibus. Ratisbona, 12/05/1541.
Esempio di lettera di P.Favre in spagnolo
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Il codice termina al f. 236, con queste parole: «qui multi sunt audiueram»[13]. Segue una antica annotazione [f. 236] di un'altra mano: «Multa desunt usque ad particulam anni 1546[14].» Sul retro dell'ultimo foglio non segnato, un'altra mano antica ha scritto: «Para el Padre Pedro Antonio Spinello en Nápoles.»
L'esemplare Mem. 10 della MF ed esistente nella Biblioteca Nazionale di Lisbona (cod.6183) reca l'iscrizione «Para se ler no refeytorio d'Evora. 1587».


Il codice FC 1042

Scrittura e mani

Mani Memoriale Fabri.xlsx - Foglio2.pdf

La forma discorsiva

Il sostantivo latino Memoriale con il quale si presenta il testo attribuito a Pierre Favre ha una complessa evoluzione semantica.
Michel de Certeau per la sua edizione, ha utilizzato principalmente il Mem.II (codice H) tenendo conto delle varianti e aggiunte presenti in R, L e B.
Per lui, il testo in questione sarebbe un journal, vale a dire, un mode d’expression propre à tous les premiers jésuites. In questo senso avrebbe visto una comune radice tra i diari (sic) di Sant'Ignazio, di San Francesco Borgia, di Nadal, con le Confessioni di Pietro Ribadeneira, o la cosiddetta «autobiografia» di San Roberto Bellarmino. Tra l'altro, vede il Memoriale strettamente legato alla concezione ignaziana dell'esame:

le journal exprime sous forme de discussion avec soi-même le dialogue avec Dieu : en reconnaissant dans son action le « mouvement » de Dieu, l’apôtre collabore de mieux en mieux à l’œuvre qui lui indique sa propre « vocation », et discerne en lui les résistances qui s’opposent encore à l’activité créatrice de Dieu.

[...] Favre commence la rédaction de son journal le 15 juin 1542 [...][15]. Michel de Certeau, considera il Memoriale, seguendo una certa tradizione filologica, come un testo integralmente redatto da Pierre Favre il cui originale si sarebbe perso. A partire da questa attribuzione diretta alla scrittura del Favre, s'inanelleranno una serie di osservazioni che saranno costitutive della sua costruzione interpretativa. In più, la presunta perdita del testo autografo non solo non s'interporrà con questa ipotesi ma introdurrà, a partire da questo momento, il tema dell'assenza che sarà cardine nella sua visione storiografica. Per lui, così come per la maggior parte degli studiosi di questo testo, gli esemplari manoscritti dispersi in Europa e altrove, sono testimoni con maggior o minor grado di affidabilità di questo «originale perso».

La Vita di Pierre Favre di Orlandini


Questi [Fabro], uno dei primi compagni di Sant'Ignazio, anzi il primissimo, avendo imitato quella diligenza dei santi nell'osservare la propria anima, mentre, per desiderio del suo particolare profitto, scrisse in un libretto i principali lumi e ispirazioni concessegli da Dio, ci lasciò, sebbene ciò non lo pretendesse, un eccellente ritratto di operatore evangelico.[16]


La Vita di Pierre Favre scritta da Niccolo Orlandini enumera nel suo Proemio, alcune delle distinzioni a partire dalle quali si riceve il Memoriale. Le osservazioni dell'anima servono a mantenere desta la vigilanza e a conoscere se stessi. La conoscenza di sè non è qui finalizzata a se stessa ma, secondo il testo degli Esercizi Spirituali ha come obiettivo il vincere se stesso[n. 21] liberandosi così da tutte le affezioni disordinate [1][17]. La sollecitudine della scrittura aumenta questa dedicazione all'osservazione. La scrittura ha la funzione di fissare l'osservazione e di realizzare della semina dei sentimenti devoti (pius sensus): che in questo caso viene riposta nella parte più intima e vitale (nel midollo) per produrre frutto (ad progignendam frugem) e per essere ulteriormente macinato (conterit). Nel futuro, visto che i tratti dell io rispondono a un modello invariabile, la rilettura produrrà consolazione (solatium) o vergogna (interdum pudorem).
L'aspettativa con la quale si osservava l' io era di tipo normativa, vale a dire morale. Lo schema della norma misurava il successo o il fallimento dell'aspettativa. Si dovrà tener conto di questa evoluzione sociale nel momento di realizzare l'ermeneutica del testo del Memoriale. Per il nostro sistema sociale che si assesta su delle aspettative cognitive. Vale a dire che, il sistema social assorbirà il rischio delle aspettative frustrate mediante strategie di apprendimento che porteranno a modificare l'aspettativa svanendosi così l'identificazione tra ordine sociale e ordine morale.

Pierre Favre on the APUG blog

The Memoriale of Pierre Favre on the APUG blog

References

  1. In 1873 a Latin and an Italian translation of the Memoriale were published: Memoriale beati Petri Fabri primi S. Ignatii de Loyola alumni nunc primum in lucem editum a P. Marcello Bouix, Lutetiae Parisiorum, typis Alberti Gauthier-Villars, 1873; Giuseppe Boero, Vita del beato Pietro Fabro della Compagnia di Gesù primo compagno di Sant’Ignazio di Loyola, Roma, Tipografia e libreria di Roma del Cav. Alessandro Befani, 1873. In the next year a French translation was published too: Mémorial du bienheureux Pierre Lefèvre, premier compagnon de S. Ignace de Loyola. Publié pour la première fois en son texte latin et traduit en français, par le P. Marcel Bouix, Paris, Imprimerie Gauthier-Villars, 1874.
  2. For more information about these publications see the Pierre Favre/Bibliography.
  3. Beati Petri Fabri epistolae, memoriale et processus ex autographis aut archetypis potissimum deprompta, Matriti, typis Gabrielis Lopez Del Horno, 1914.
  4. See Michel de Certeau, Le texte du “Memorial” de Favre, ‘Revue d’ascetique et de mystique, 36 (1960), pp. 343-349; a reproduction of the stemma codicum is available here. de Certeau also published a new French translation of the Memoriale: Pierre Favre, Mémorial, traduit et commenté par Michel de Certeau, Paris, Desclée De Brower, 1959.
  5. Historia Societatis Iesu, pars prima, 1615.
  6. Historia Societatis Iesu, pars seconda, 1614.
  7. Ambrosius, De Poenitentae, Liber II, cap. 10.
  8. Su questo si veda Mendiola Mejía, A; Retorica, comunicación y realidad, p. 34 y ss.
  9. "Persona est conditio, status, munus, quod quisque inter homines et in vita civili gerit" (Forcellini).
  10. Luhmann, Niklas Complessità e modernità. Dall'unità alla differenza, p. 63.
  11. S. François de Sales, Introduction à la vie dévote. Lyon chez Pierre Rigaud, 1609, troisiéme partie, Cap. XXI.
  12. In questo senso può anche leggersi la distinzione tra personaggio rotondo e piano in W. Ong: Opposto al personaggio "rotondo" [della scrittura] c'è il "piano", il tipo di figura che non stupisce mai il lettore, ma piuttosto lo delizia recitando esattamente come ci si aspetta che faccia. Ora sappiamo che il personaggio "pesante" (o "piatto") deriva originariamente dalla narrazione orale primaria, che non può offrire personaggi di altro tipo. Il personaggio tipo, serve sia per organizzare la linea della trama che per gestire gli elementi non narrativi che si presentano nella narrazione. Ong, Walter, Oralità e scrittura.
  13. Vedi il testo qui.
  14. Potrebbe leggersi: "Ci sono molte lacune fino a una parte del 1546."
  15. de Certeau, Michel; Favre, Pierre. Mémorial, ed Christus, p. 76).
  16. Vita del p. Pietro Fabro primo compagno di s. Ignatio Loiola, e primo sacerdote della Compagnia di Giesù. Scritta dal p. Nicolò Orlandini dell'istessa Compagnia in lingua latina. Tradotta da Erminio Tacito.
  17. Sull'evoluzione della pratica degli esercizi spirituali a partire dall'antichità vedi Hadot, Pierre, Esercizi spirituali e filosofia antica. Einaudi, 2002