Page:Romani Collegii Societatis Jesu Musaeum Celeberrimum 1678.pdf/35

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monumento reperta fuit, quae et immediate extincta fuit. Olybius in agro Patavino Plutoni sacravit Lucernas, quae ultra A. 1500 accensae asseruntur, teste Fortunio Liceto lib. 1. cap. 9. ubi sic scribit: Annum circiter 1500 nostrae salutis juxta Atestem Municipium Patavinum, dum foderetur à rusticis terra solito altiùs, reperta est Urna fictilis, et in ea altera Urnula, in qua adhuc erat Lucerna ardens inter duas ampullulas, quarum altera erat aurea, altera verò argentea, purissimo quodam liquore plenae, cujus virtute Lucerna illa per tot annos arsisse creditur, et nisi detecta fuisset, perpetuo arsura.
In Urna majori hi versus legebantur: Plutoni sacrum munus ne attingite fures.
Ignotum est vobis hoc, quod in arte latet.
Namque elementa gravi clausit digesta labore
Vase sub hoc modico maximus Olybius.
Adsit foecundo custos sibi copia cornu,
Ne tanti pretium depereat Laticis.
In Urna minori subsequentia legebantur Carmina:"
Abite hinc pessimi fures
Vos quid vultis vestris cum oculis Emissititiis? Abite hinc vestro cum Mercurio
Petasato, Caduceatoque.
Donum hoc maximum Maximus Olybius
Plutoni sacrum facit.
Modum, quo attingere tentant moderni, insinuare placet, unde etiam impossibilitas elucescit, itaque inquirendum, quo fomite hic aeviternus ignis nutriatur. Vel enim hoc contingit ex natura eius inconsumptibilitatis, vel ex modo, ut plerique volunt, accensonis: nihil horum fieri posse experientia propria ita ostendo. Vitreum globum hermeticè ita obscuravi, ut aëri impervius sit, ubi fomitem, luminisque alimenta varia imposui, demumque Lentis Opticae ope, Solis radium in unum punctum ad ignis escam coëgi; sed ex aëre vi caloris rarefacto, vasis confractionem loco experientiae habui. Materias varias applicui; naphtham tentavi, ex sulphure et nitro diversimodè a terrestreitate repurgato, igni alimentum aeternum parare, incassum probavi. Olea metallica, et aliorum mineralium pinguem materiam inflammavi, non comperi, et postquam Asbestinum ellychnium tanquam inconsumptibile expertus fui, ex eodem Asbesto, seu Amianto, et ex alumine plumoso, et Talco oleitas extracta nonnullum effectum mihi pollicebatur, sed irrito conatu, cum istiusmodi olea ita intra Amiantum concentrata repererim, ut nullo artis et ingenii nisu in oleaceum liquorem separari potuerit. Rem itaque peritioris aleae Philosophis consignandam censui. Nos nostra prosequamur.

CAPUT III.

De instrumentis Mathematicis.

Vaga, locuples, et pretiosa Mathematicorum instrumentorum multitudo hic visitur, quorum maxima pars est ex aurichalco, lapide schisto, et ligno confecta. Illa ad Coelestium corporum, et ad Sphaerarum observationes, et geometricas dimensiones, geographicas divisiones, horarum designationes inserviunt; sunt autem duo globi praegrandes ob molis quantitatem è Musaeo ablati, et ad Collegii Romani Bibliothecae usum ab Authore donati; alii duo globi minores, unus Coelestis, alter Terrestris; uterque suis Meridianis diligenter elaborati. Sphaera Armillaris ex aurichalco

Olibio nel territorio di Padova consacrò a Plutone lucerne che si dice rimanessero accese per oltre 1500 anni: ne dà testimonianza Fortunio Liceto, libro I, capitolo IX, dove scrive: All’incirca nel 1500 dell’era della nostra salvezza, vicino ad Ateste, municipio padovano, mentre dei contadini scavavano la terra più profondamente del solito, fu trovata un’urna d’argilla, ed in essa ne fu trovata un’altra più piccola, in cui c’era una lucerna che ancora ardeva fra due ampolle, una d’oro, l’altra d’argento, piene di un liquido limpidissimo, grazie al quale si pensa che quella lucerna ardesse da tanti anni, e se non fosse stata scoperta avrebbe continuato a farlo per sempre.
Nell’urna più grande si leggevano questi versi:
Non arrischiatevi a toccare, o ladri, il dono sacro a Plutone
Ignoto vi è questo che nell’arte si cela.
Infatti principi regolati con arduo impegno
Chiuse entro questo vaso modesto il grandissimo Olibio.
Sia propizia, come custode, l’abbondanza con il suo corno fecondo,
Perché non vada dispersa la preziosità di tanto liquore.
Nell’urna più piccola si leggevano i versi seguenti:
Via di qui, ladri sciagurati
Che cosa volete voi con i vostri occhi impertinenti?
Andatevene con il vostro Mercurio
Dotato di petaso e caduceo.
Questo grandissimo dono il grandissimo
Olibio
Consacra a Plutone.
Piace introdurre un’informazione circa il modo in cui i moderni cercano di arrivare a ciò e da cui emerge anche l’impossibilità di riuscirci; e perciò di cercare da quale esca possa nutrirsi questo fuoco eterno. Infatti o questo avviene per la natura della sua inesauribilità o per il modo dell’accensione, come i più vogliono: come nulla di ciò possa essere, lo dimostro proprio per esperienza personale. Ho oscurato così completamente un globo di vetro da renderlo del tutto separato dall’aria; vi ho introdotto l’esca e i vari alimenti del fuoco, infine con l’aiuto di una lente ho convogliato un raggio di sole in un sol punto per accendere il fuoco; ma a causa della rarefazione dell’aria dovuta al calore, invece dell’esperimento ne ebbi la rottura del vaso. Ho usato vari materiali: ho provato con la nafta, dopo aver depurato in vari modi dalla ganga zolfo e nitro, ho provato a procurare per il fuoco un alimento che durasse: invano. Ho tentato di dar fuoco ad oli minerali e a materia grassa di altri minerali, non vi sono riuscito; e dopo avere sperimentato che il lucignolo di asbesto è ininfiammabile, ho estratto dal medesimo asbesto o amianto e dall’allume scistoso e dal talco l’elemento oleoso: sembrava potessi ottenere qualche risultato, ma anche questo tentativo fu inutile, poiché trovai entro l’amianto l’elemento oleoso concentrato in modo tale che non ho potuto separarlo con nessuna risorsa dell’arte e dell’ingegno come liquido oleoso. Ho voluto documentare così la questione di sperimentata incertezza con l’autorità dei filosofi. Noi continuiamo il nostro percorso.

CAPITOLO III.
Strumenti matematici.

Qui si ammira una raccolta interessante, ricca e preziosa di strumenti matematici, in maggior parte di oricalco, di scisto e di legno. Essi riguardano l’osservazione dei corpi celesti e delle sfere, le divisioni geometriche, quelle geografiche, e la definizione delle ore; vi sono poi due globi assai grandi allontanati dal Museo a causa della loro mole e donati dall’Autore per la dotazione della Biblioteca del Collegio Romano; altri due globi più piccoli, l’uno del cielo, l’altro della terra: entrambi diligentemente descritti nei loro meridiani.