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irritare e per non umiliare inutilmente l'orgoglio di coloro che, nella loro semplicità, credevano di avere il monopolio della scienza, e per i quali i confini del [[citesWork::Regno di Mezzo]] coincidevano abbastanza bene coi confini del mondo, l'uno e l'altro chiamandosi l'Universo, ''Ttiensciia''天下 , cioè "[tutto quello che trovasi] sotto [la cappa del] cielo" !<br /> Quindi è che il Ricci non si presentò ai Cinesi come un superbo maestro, per cui tutti gli altri sarebbero stati semplici scolari ignoranti, ma come uno schietto ammiratore della Cina e dalla sua civiltà. In tutta la sua attività di missionario, durata poco meno di trenta anni, egli ebbe agio di praticare largamente la mitezza, la gentilezza, la buona grazia, il rispetto, la stima, la simpatia, insomma tutte le virtù necessarie e anzi indispensabili per guadagnarsi l'affetto e la stima di un popolo di antica cultura, come il cinese. Le conversazioni catechistiche che egli ebbe fin dai primi anni coi grandi letterati e mandarini, il cui testo cinese è stato da me recentemente scoperto, giocano proprio a lui, che vi impara tanta belle cose!<br /> Egli diceva, per esempio, ai suoi visitatori: "La Cina, questo grande paese, essendo lontana dal mio regno, non aveva mai avuto relazione con esso. Ecco perchè non conobbe il Signore del Cielo 天主<ref>È generalmente noto che i primi missionari gesuiti in Cina chiamarono Dio il "Signore del Cielo" 天主, ossia Ttienciu [= Celeste 天 Signore 主], solo nome approvato poi dalla Chiesa e anche oggi in uso dai Cattolici, non solo in Cina ma in tutto l'Estremo Oriente. Questo nome sembra essere stato trovato nel luglio-agosto 1583 da un giovane di Sciaochin, chiamato dal Ricci Cinnico (陳?), il quale fu uno dei primi Cinesi che ricevettero il battesimo solenne il 21 novembre 1584, prendendosi il nome di Giovanni. Il Ruggieri e il Ricci, arrivando a Sciaochin il 10 settembre 1583, videro quel nome Ttienciu 天主 scritto da questo giovane " nel mezzo del muro ", " in una tavoletta " posta in luogo di quadro nella saletta di sua casa, dove conservava l'altarino portatile lasciatogli in custodia dal Ruggieri, quando questi dovette fuggire da Sciaochin verso il maggio 1583 (R., I, pp. 126, 131). I due missionari ignoravano nel 1583 che per i Buddisti Ttienciu 天主 era Indra, e che perfino i Taoisti onoravano una divinità sotto questo nome. Essi ignoravano ancora di più, che, molto prima dell'introduzione del Buddismo in Cina, il Signor del Cielo era conosciuto dai Cinesi, poichè egli era uno degli Otto Signori (cioè del cielo 天主 , della terra, della guerra, del princio femminile in, del principio maschile iam, della luna, del sole e delle quattro stagioni9, ai quali fin dal 219 a.C. sacrificò l'Imperatore Scehoamti [Shih Huang-ti] 始皇帝 della dinastia Zzin [Ch'in] 秦. Cfr. CHAVANNES, Mèmoires historiques de Se-ma Ts'ien, III, pp. 432-435. Questo testo però è suscettibile di un'altra traduzione, come ivi stesso avverte sagacemente l'eminente sinologo. Invece di leggere: 八神. 一日天主. 祠天齊; gli Otto Spiriti: il primo si chiama Signore del Cielo; gli si sacrifica al [lago chiamato] "Ombellico celeste"; altri leggono: 八神. 一日天主. 主祠天齊; gli Otto Spiriti: il primo si chiama Cielo; egli presiede al sacrificio [che si fa] al [lago chiamato] "Ombellico celeste". Ma il testo stesso dello storico cinese dà ad intendere che questi Otto Spiriti, senza indicarne però i nomi, sarebbero stati venerati fin dalla antichità, o almeno fin dal secolo XII a.C. E quando il Ricci più tardi venne forse a conoscenza di questa origine buddista o pagana , l'uso della parola era ormai troppo ivalso per poter introdurre un altro vocabolo senza sconcertare le menti e le coscienze. Dalla Cina questo nome Ttienciu dovette passare poi in Giappone, dove S. Francesco Saverio si era servito prima della parola Dainici 大日 [= Grande Sole], poi di Teno 天道 [= Via del Cielo] e finalmente della parola latina Deus. Cfr. SCHURHAMMER, Das kirchliche Sprachproblem in der Japanischen Jesuitenmission des 16 und 17 Jahrhunderts. Tokyo, 1928, pp. 25-42. Il primo documento stampato, nel quale l'Europa potè leggere questo nome, dovette essere il Breve Raguaglio / dell'isola del Giappone, / Et di questi Signori, che di là son venuti à dar obedientia / alla Santità di N. S. Papa Gregorio XIII, di quattro fogli in 4°, stampato in Modena non si sa quando, ma probabilmente negli anni che seguirono da vicino l'ambasceria dei Principi giapponesi, la quale avvenne nel 1584. Al verso del titolo, secondo il CORDIER (Bibliotheca Japonica, Parigi, 1912, p.98) si legge: Lingua Giapponica. Dio. Tonxù, idem est quod Dominus coeli. Evidentemente Tonxù = Tonsciu = Ttienciu 天主.</ref> e non ebbe notizia del Vangelo. Io, sacerdote, fin dall'Europa
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irritare e per non umiliare inutilmente l'orgoglio di coloro che, nella loro semplicità, credevano di avere il monopolio della scienza, e per i quali i confini del [[citesWork::Regno di Mezzo]] coincidevano abbastanza bene coi confini del mondo, l'uno e l'altro chiamandosi l'Universo, ''Ttiensciia'' 天下 , cioè "[tutto quello che trovasi] sotto [la cappa del] cielo" !<br /> Quindi è che il Ricci non si presentò ai Cinesi come un superbo maestro, per cui tutti gli altri sarebbero stati semplici scolari ignoranti, ma come uno schietto ammiratore della Cina e dalla sua civiltà. In tutta la sua attività di missionario, durata poco meno di trenta anni, egli ebbe agio di praticare largamente la mitezza, la gentilezza, la buona grazia, il rispetto, la stima, la simpatia, insomma tutte le virtù necessarie e anzi indispensabili per guadagnarsi l'affetto e la stima di un popolo di antica cultura, come il cinese. Le conversazioni catechistiche che egli ebbe fin dai primi anni coi grandi letterati e mandarini, il cui testo cinese è stato da me recentemente scoperto, giocano proprio a lui, che vi impara tanta belle cose!<br /> Egli diceva, per esempio, ai suoi visitatori: "La Cina, questo grande paese, essendo lontana dal mio regno, non aveva mai avuto relazione con esso. Ecco perchè non conobbe il Signore del Cielo 天主<ref>È generalmente noto che i primi missionari gesuiti in Cina chiamarono Dio il "Signore del Cielo" 天主, ossia Ttienciu [= Celeste 天 Signore 主], solo nome approvato poi dalla Chiesa e anche oggi in uso dai Cattolici, non solo in Cina ma in tutto l'Estremo Oriente. Questo nome sembra essere stato trovato nel luglio-agosto 1583 da un giovane di Sciaochin, chiamato dal Ricci Cinnico (陳?), il quale fu uno dei primi Cinesi che ricevettero il battesimo solenne il 21 novembre 1584, prendendosi il nome di Giovanni. Il Ruggieri e il Ricci, arrivando a Sciaochin il 10 settembre 1583, videro quel nome Ttienciu 天主 scritto da questo giovane " nel mezzo del muro ", " in una tavoletta " posta in luogo di quadro nella saletta di sua casa, dove conservava l'altarino portatile lasciatogli in custodia dal Ruggieri, quando questi dovette fuggire da Sciaochin verso il maggio 1583 (R., I, pp. 126, 131). I due missionari ignoravano nel 1583 che per i Buddisti Ttienciu 天主 era Indra, e che perfino i Taoisti onoravano una divinità sotto questo nome. Essi ignoravano ancora di più, che, molto prima dell'introduzione del Buddismo in Cina, il Signor del Cielo era conosciuto dai Cinesi, poichè egli era uno degli Otto Signori (cioè del cielo 天主 , della terra, della guerra, del princio femminile in, del principio maschile iam, della luna, del sole e delle quattro stagioni9, ai quali fin dal 219 a.C. sacrificò l'Imperatore Scehoamti [Shih Huang-ti] 始皇帝 della dinastia Zzin [Ch'in] 秦. Cfr. CHAVANNES, Mèmoires historiques de Se-ma Ts'ien, III, pp. 432-435. Questo testo però è suscettibile di un'altra traduzione, come ivi stesso avverte sagacemente l'eminente sinologo. Invece di leggere: 八神. 一日天主. 祠天齊; gli Otto Spiriti: il primo si chiama Signore del Cielo; gli si sacrifica al [lago chiamato] "Ombellico celeste"; altri leggono: 八神. 一日天主. 主祠天齊; gli Otto Spiriti: il primo si chiama Cielo; egli presiede al sacrificio [che si fa] al [lago chiamato] "Ombellico celeste". Ma il testo stesso dello storico cinese dà ad intendere che questi Otto Spiriti, senza indicarne però i nomi, sarebbero stati venerati fin dalla antichità, o almeno fin dal secolo XII a.C. E quando il Ricci più tardi venne forse a conoscenza di questa origine buddista o pagana , l'uso della parola era ormai troppo ivalso per poter introdurre un altro vocabolo senza sconcertare le menti e le coscienze. Dalla Cina questo nome Ttienciu dovette passare poi in Giappone, dove S. Francesco Saverio si era servito prima della parola Dainici 大日 [= Grande Sole], poi di Teno 天道 [= Via del Cielo] e finalmente della parola latina Deus. Cfr. SCHURHAMMER, Das kirchliche Sprachproblem in der Japanischen Jesuitenmission des 16 und 17 Jahrhunderts. Tokyo, 1928, pp. 25-42. Il primo documento stampato, nel quale l'Europa potè leggere questo nome, dovette essere il Breve Raguaglio / dell'isola del Giappone, / Et di questi Signori, che di là son venuti à dar obedientia / alla Santità di N. S. Papa Gregorio XIII, di quattro fogli in 4°, stampato in Modena non si sa quando, ma probabilmente negli anni che seguirono da vicino l'ambasceria dei Principi giapponesi, la quale avvenne nel 1584. Al verso del titolo, secondo il CORDIER (Bibliotheca Japonica, Parigi, 1912, p.98) si legge: Lingua Giapponica. Dio. Tonxù, idem est quod Dominus coeli. Evidentemente Tonxù = Tonsciu = Ttienciu 天主.</ref> e non ebbe notizia del Vangelo. Io, sacerdote, fin dall'Europa

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irritare e per non umiliare inutilmente l'orgoglio di coloro che, nella loro semplicità, credevano di avere il monopolio della scienza, e per i quali i confini del Regno di Mezzo coincidevano abbastanza bene coi confini del mondo, l'uno e l'altro chiamandosi l'Universo, Ttiensciia 天下 , cioè "[tutto quello che trovasi] sotto [la cappa del] cielo" !
Quindi è che il Ricci non si presentò ai Cinesi come un superbo maestro, per cui tutti gli altri sarebbero stati semplici scolari ignoranti, ma come uno schietto ammiratore della Cina e dalla sua civiltà. In tutta la sua attività di missionario, durata poco meno di trenta anni, egli ebbe agio di praticare largamente la mitezza, la gentilezza, la buona grazia, il rispetto, la stima, la simpatia, insomma tutte le virtù necessarie e anzi indispensabili per guadagnarsi l'affetto e la stima di un popolo di antica cultura, come il cinese. Le conversazioni catechistiche che egli ebbe fin dai primi anni coi grandi letterati e mandarini, il cui testo cinese è stato da me recentemente scoperto, giocano proprio a lui, che vi impara tanta belle cose!
Egli diceva, per esempio, ai suoi visitatori: "La Cina, questo grande paese, essendo lontana dal mio regno, non aveva mai avuto relazione con esso. Ecco perchè non conobbe il Signore del Cielo 天主[1] e non ebbe notizia del Vangelo. Io, sacerdote, fin dall'Europa

  1. È generalmente noto che i primi missionari gesuiti in Cina chiamarono Dio il "Signore del Cielo" 天主, ossia Ttienciu [= Celeste 天 Signore 主], solo nome approvato poi dalla Chiesa e anche oggi in uso dai Cattolici, non solo in Cina ma in tutto l'Estremo Oriente. Questo nome sembra essere stato trovato nel luglio-agosto 1583 da un giovane di Sciaochin, chiamato dal Ricci Cinnico (陳?), il quale fu uno dei primi Cinesi che ricevettero il battesimo solenne il 21 novembre 1584, prendendosi il nome di Giovanni. Il Ruggieri e il Ricci, arrivando a Sciaochin il 10 settembre 1583, videro quel nome Ttienciu 天主 scritto da questo giovane " nel mezzo del muro ", " in una tavoletta " posta in luogo di quadro nella saletta di sua casa, dove conservava l'altarino portatile lasciatogli in custodia dal Ruggieri, quando questi dovette fuggire da Sciaochin verso il maggio 1583 (R., I, pp. 126, 131). I due missionari ignoravano nel 1583 che per i Buddisti Ttienciu 天主 era Indra, e che perfino i Taoisti onoravano una divinità sotto questo nome. Essi ignoravano ancora di più, che, molto prima dell'introduzione del Buddismo in Cina, il Signor del Cielo era conosciuto dai Cinesi, poichè egli era uno degli Otto Signori (cioè del cielo 天主 , della terra, della guerra, del princio femminile in, del principio maschile iam, della luna, del sole e delle quattro stagioni9, ai quali fin dal 219 a.C. sacrificò l'Imperatore Scehoamti [Shih Huang-ti] 始皇帝 della dinastia Zzin [Ch'in] 秦. Cfr. CHAVANNES, Mèmoires historiques de Se-ma Ts'ien, III, pp. 432-435. Questo testo però è suscettibile di un'altra traduzione, come ivi stesso avverte sagacemente l'eminente sinologo. Invece di leggere: 八神. 一日天主. 祠天齊; gli Otto Spiriti: il primo si chiama Signore del Cielo; gli si sacrifica al [lago chiamato] "Ombellico celeste"; altri leggono: 八神. 一日天主. 主祠天齊; gli Otto Spiriti: il primo si chiama Cielo; egli presiede al sacrificio [che si fa] al [lago chiamato] "Ombellico celeste". Ma il testo stesso dello storico cinese dà ad intendere che questi Otto Spiriti, senza indicarne però i nomi, sarebbero stati venerati fin dalla antichità, o almeno fin dal secolo XII a.C. E quando il Ricci più tardi venne forse a conoscenza di questa origine buddista o pagana , l'uso della parola era ormai troppo ivalso per poter introdurre un altro vocabolo senza sconcertare le menti e le coscienze. Dalla Cina questo nome Ttienciu dovette passare poi in Giappone, dove S. Francesco Saverio si era servito prima della parola Dainici 大日 [= Grande Sole], poi di Teno 天道 [= Via del Cielo] e finalmente della parola latina Deus. Cfr. SCHURHAMMER, Das kirchliche Sprachproblem in der Japanischen Jesuitenmission des 16 und 17 Jahrhunderts. Tokyo, 1928, pp. 25-42. Il primo documento stampato, nel quale l'Europa potè leggere questo nome, dovette essere il Breve Raguaglio / dell'isola del Giappone, / Et di questi Signori, che di là son venuti à dar obedientia / alla Santità di N. S. Papa Gregorio XIII, di quattro fogli in 4°, stampato in Modena non si sa quando, ma probabilmente negli anni che seguirono da vicino l'ambasceria dei Principi giapponesi, la quale avvenne nel 1584. Al verso del titolo, secondo il CORDIER (Bibliotheca Japonica, Parigi, 1912, p.98) si legge: Lingua Giapponica. Dio. Tonxù, idem est quod Dominus coeli. Evidentemente Tonxù = Tonsciu = Ttienciu 天主.