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Ill.mo e Rev.mo Sig.re e padrone colend.mo.
Presero sei anni sono i padri Gesuiti qui nel nostro loco dell'orto del conte un luogo detto il Carminello, nel qual quartiere e vicinato stanno la maggior parte dei mercanti e negozianti del nostro esercizio e arte delle sete, e fra gli altri padri che vennero a fondar detto loco e ancor vi abita, uno vi fu chiamato padre Luigi Taccone, al quale al presente se confessano tutti i nostri figli e quanti sono in questa parte giovani, che saranno da trecento tutti di anni 16 in 20 l'uno, dei quali parte questo buon padre l'ha allevati in una vita molto spirituale e parte con la sua industria l'ha ridotti da una vita molto cattiva ad una molto buona.
Intendiamo adesso che il loro padre Provinciale di questa provincia lo voglia levar da questo luogo e mandarlo in Abruzzo, che sarebbe appunto rovinarci tutti e un voler disfare quanto di bene ha fatto; perchè, partendosi questo padre, al quale questi giovani portano particolare affezione e riverenza, per averli o allevati o ridotti a vita bona e spirituale, restiamo certissimi che se perderanno tutti; che per sdegno e collera risolutissimi sono da non vedere più ne confessori ne congregazione. Sapendo noi la gentilezza e grandezza di animo, con la quale V.S. Ill.ma favorisce i suoi servi, massime in cose concernenti al servizio di Iddio, e quanto dal'altra parte le sia obbligato il padre Generale di detti padri e tutta la loro religione, con tutto quell'affetto del cuore possibile in cosa tanto a noi importante e concernente a l'aiuto delle anime di questa nostra gioventù, ricorreremo alla benignità di V.S. Ill.ma supplicandola come suoi umilissimi servi a volerci far grazia e favore con il padre Generale di detti padri che voglia ordinare a questo Provinciale che non lo levi da questo luogo. E per non più infastidirla, come servi della buona volontà
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