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f. 130r


e però volle andare a Malta. Prima di partire hebbe una lettera d’uno schiavo moro del regno di Fessa, il quale gli diceva, che egli s’era partito dalla patria, per fare il pellegrinaggio alla Mecca, non con altro fine, se non per la speranza che havea nel viaggio di esser preso, e fatto schiavo dalle Galee di Malta o d’altro legno Maltese, e così venendo in Malta, dove pensava che egli fosse, per zelo della legge di Maometto, esortarlo a mutare proposito, et a ritornare all’antico culto et alla Religione, nella quale era nato[1]. Gli diceva poi la turbatione di suo Padre, e sua Madre, quando sentirono che s’era fatto Christiano; il consiglio che s’era fatto da’ consiglieri del Re sopra questo fatto, e che si era conchiuso, che egli veramente era nel cuore di Maometto, e solamente nell’esterno Christiano, e che s’era precipitato a rinnegare la legge di Maometto per leggierezza giovanile, e per paura.

Soggiungeva, che ne viaggio scoprirono un Vascello Christiano, che era quale egli desiderava, coll’insegna della Religione di Malta, e cominciò a seguitare il loro legno, il quale era inferiore di forze al nemico, onde vedendosi vicino terra li marinai, e passeggieri, vollero fuggire lasciando vuota la nave: vi restò solamente egli che desiderava questa cattura; e così fu portato in Malta, dove non trovandolo, e sentendo che era in

  1. Possibilmente si fa riferimento della lettera, tradotta dall'arabo, presente in APUG 1060-I, ff. 101r-103v.