Page:APUG 1293 Trionfo del Giappone Colomera.pdf/60

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all'habito, al parlar eran stranieri portoghesi cred'io, se non m'inganno.
Evan. ò Dei che sento? il Duce il duce è traditore? ch'imaginar già mai ciò si potea? e pur è vero ahi lasso e sento maggior doglia, maggior pena e dolore del traditore amico, che del suo tradimento.
Asm. Signor egli fù sempre à questo modo, sempre ingannò, sempre tradì il Duce, egli è de nostra gente, et amistà con portughesi tiene nemici al nostro Regno, egli la nostra lege tener s'infinge, e poscia della lege d'un ladro è osservatore hor che maggior inganni e tradimenti? mà già vien fuora il Rè, io parto, à Dio.

Atto 3o. Scena 3a
Il Rè, Leontio, Evandro, paggio, Astarot
sotto habito di corrieto, che sopraggiunge


Rè. Fù sempre vero il tuo parlar Leontio, e tardi lo conobi ahi lasso, e tardi cerco porger rimedio a mio gran male.
Leon. Negar non posso ò saggio Rè, ch'errasti à non intender li consegli, ch'io tante volte d'amor sospinto diedi lo dissi, e lo ridissi, e tu Signore, nè ad ascoltarmi orrecchio, nè core à compartire fingesti haver, s'intanto il mal è gionto alla medolla, all'ossa.
Rè. Dunque che far deggio in disperato caso
ch'il viver