Monumenta Concilii Tridentini

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Il cardinale Ercole Gonzaga presiede una seduta del Concilio di Trento in Santa Maria Maggiore (Trento). Elia Naurizio, Congregazione generale del concilio di Trento (1633). Museo diocesano Tridentino.

The Council of Trent project

Partners

Introduction

The Monumenta Concilii Tridentini project is promoted by the Historical Archives of the Pontifical Gregorian University and started in 2018 for the purpose of describing and understanding the enhancement of the Council of Trent fonds since its establishment (late 16th century) to the present day. The term enhancement, which is typical of communication in the economic field, subsequently applied to the so-called "cultural heritage", has been described by Charles Gide as: "hausse factice dans la valeur marchande d'une denrée provoquée au moyen de manœuvres économiques" [1]. In this sense, enhancement is viewed as the outcome of a fictitious operation intended to give value to a good which, because of its caused shortage, increases its price. The introduction of that term as part of the "cultural heritage" is indicative of the desire to give a new value to a specific item. Even in this case, there should be reference to an operation built around that specific item. If at a given moment you decide to value something, this is because that thing formerly had depreciated. Therefore, the value does not lie in the thing itself, but rather in the observation that takes place on it. The historian might take an interest in this evaluative alternation, as it is an indicator of changes or possible social developments. So, for our the purposes in this context, enhancement shall mean:

The attribution of a value which is the result of a selection based on certain observations that use distinctions. The observation is a distinction that allows you to select and indicate one of the distinct parts as different from each other. Therefore, the attribution mode is always contingent and depends on the observation that takes place on the item. In this sense, the primary focus is not so much on the object as such, but rather on the configurations of distinctions made on it.

Actions that are undertaken to highlight such documentation are manifested in a series of transactions that began in the seventeenth century and suffered a sharp decline since the middle of last century. It is possible to mark, in this period of time, a sequence of actions: the first collection and selection carried out in the seventeenth century, the integration and synthesis operation for the publication of the history of the Council (1656), the collection and binding interventions in the middle of the eighteenth century, using the same material for a new history of the council in the middle of the twentieth century, and eventually an ambitious restoration project, never implemented, in the 90s of last century. At the moment being, we do identify the following stages in the process of enhancement:

  • Check the preservation status of the fonds in view of the development of an emergency plan to restore, strengthen and condition the documentation. This first material observation is functional for later reformulate the research project.
  • Cataloging all the files, action which will involve the review and integration of files already present within MOL (Manus online, APUG fonds). A codicological description will be carried out for each identified unit; this will mean, in the case of miscellaneous volumes, producing as many files as the elements contained as a whole. The detection of the cataloging data is a crucial time to carry out a careful observation of the elements, both external (stitching, binding, ancient signatures etc.) and internal ones (authors, titles, languages etc.), which, when joined together, can provide historical information. We will realize biographical files for the names identified in the process of cataloging and annotating documents by implementing an Authority File.
  • Digitalizing the documentation to be included within GATE, an operation that will be functional to the proposed research lines. The detection of the state of conservation is still preliminary to any photo-reproduction activities. Digitalisation always includes selection, transcription and collaborative text annotation. For the implementation of the latter point, a transdisciplinary work among historians, sociologists, philologists, etc., will be carried out aiming at making an adequate description of the social structure of early modernity.

La composizione del Fondo Concilio di Trento

La storia del Concilio di Trento sembra essere segnata dalla sua impossibilità. Il primo desiderio di scrivere una storia del Concilio lo si trova nell'edizione di Paolo Manuzio Canones, et decreta sacrosancti oecumenici, et generalis Concilii Tridentini sub Paulo 3., Iulio 3., et Pio 4., pontificibus max. Index dogmatum, & reformationes. Venetiis, 1540:

accipe sumam rei, lector optime, quae ad salutem vehementer pertinet universam vero tridentini concilii, trium pontificum distinctam temporibus, historiam, eodem, cuius ad gloriam haec omnia diriguntur, iovante Deo, propediem exspecta.

Questa storia annunciata dal Manuzio, propediem ("tra poco"), non vide mai la luce.

Il tempo breve che si augurava Manuzio, ritmo proprio della tecnologia della stampa, entra in collisione con la quantità di documentazione prodotta in quasi vent'anni di concilio. Questa percezione del tempo implicò per i contemporanei dei problemi per l'elaborazione dei criteri di selezione riguardo la tipologia documentaria e il suo contenuto.

Si dovrà aspettare fino al 1626 anno cui il P. Terenzio Alciati SJ (1570-1651), avrà accesso agli atti originali del Concilio di Trento depositati nell'Archivio di Castello, Archivum Arcis (Castel Sant'Angelo) per adempiere la volontà di papa Urbano VIII di scrivere una storia del Concilio di Trento in risposta all’edizione di Paolo Sarpi del 1619.[2] Nell'Archivio di Castello si servì dell'aiuto di Giovanni Battista Confalonieri, all'epoca il suo prefetto, il quale aveva riordinato e realizzato diversi indici del materiale tridentino. Alciati morì senza riuscire a portare a termine il desiderio di Urbano VIII.

La storia inconclusa e inedita di Alciati, Pseudo historia Concilii Tridentini refutata, corrisponde ai codici APUG 627-631 del Fondo Concilio di Trento.

Alla morte di Alciati il P. Pietro Sforza Pallavicino SJ (1607-1667) ricevette l’incarico da Alessandro VII e proseguì la raccolta dei materiali “spediti da varij principi e ne ripescò dagli archivj di Roma”.[3]
La prima edizione a stampa della Istoria del Concilio di Trento (Roma, nella Stamperia d'Angelo Bernabò dal Verme Erede del Manelfi, 1656-1657) corretta e annotata in più punti dal Cardinale in previsione di una seconda edizione è conservata presso APUG alle collocazioni APUG 585 e APUG 586. Il Cardinale Pallavicino attingerà, non soltanto, alle fonti raccolte nell'arco di vent'anni da P. Alciati, ma anche direttamente al suo manoscritto latino. Vi sono numerosi esempi di luoghi ove la fonte latina è stata tradotta letteralmente nella versione italiana [4].

Descrizione del Fondo

Oggi il fondo è costituito da 135 codici manoscritti (8 metri lineari di scaffalatura, all'incirca 33.000 fogli) in forma libraria. I documenti raccolti da P. Alciati e successivamente utilizzati da P. Sforza Pallavicino nei quali sono rintracciabili loro segni distintivi (lettere e segni apposti sul dorso ad indicare una sequenza ordinata) segni d'uso (manicule, segni ad inchiostro e a matita) e notazioni manoscritte sono 87. Le segnature del Fondo consultabili in MANUS on line includono tutti i documenti inerenti il Concilio di Trento.

Le legature

Gran parte dei documenti venne rilegata all'epoca del P. Pietro Lazzeri SJ, primo professore di Storia Ecclesiastica (1742) e bibliotecario del Collegio Romano sino alla soppressione dell'ordine nel 1773. Le coperte povere di questi codici sono in mezza pergamena con piatti in cartone alla forma e furono realizzate nel corso del Settecento per ordinare e conservare carte sciolte, fascicoli e volumi che si trovavano semplicemente cuciti. Molti di questi materiali dovevano presentarsi sciolti o con cuciture sommarie (ad es. nella tipologia a sopraggitto). Una tipologia di materiale così varia comporta sfide soprattutto dal punto di vista della conservazione materiale.
Nel Registro delle entrate e delle uscite della Biblioteca del Collegio Romano (APUG, Ms. 2805), redatto sotto la direzione di Pietro Lazzeri, alla voce legatura si parla di “corpi di libri antichi”, “libri guastati dai vermi”, fogli sciolti e miscellanee “mandati al legatore”. La realizzazione di queste legature sembra comunque essere riconducibile a un’esecuzione interna sia per la tecnica esecutiva, un ibrido tra legatura d’archivio e libraria, sia per la povertà dei materiali utilizzati. Gran parte di questi codici sono miscellanee con fascicoli che presentano cuciture primarie di diversa tipologia su cui è stata realizzata una seconda cucitura per comporre il volume: è notevole la varietà delle soluzioni adottate per agganciare le coperte in cartone senza dovere necessariamente ricucire l’intero corpo delle carte.
Da questa tipologia di legatura, che potremmo denominare “povera”, possono osservarsi diversi aspetti. Da una parte, può notarsi in questa operazione di salvaguardia un interesse nella selezione di certi materiali e non altri. Inoltre, questa cernita mette in evidenza nuove cesure temporali attraverso le quali sarà possibile descrivere dei cambiamenti nella temporalizzazione del sistema sociale, ovvero la costituzione di un presente a partire da una determinata differenza tra passato e futuro. L'espressione “libri guastati dai vermi”, sottoposta a una osservazione di secondo ordine intesa a scoprire la sua latenza è, in questo senso, altamente indicativa della costruzione del presente. Questa temporalizzazione starebbe a indicare un'accelerazione del tempo che comportò un mutamento dello "spazio di esperienza", secondo la categorizzazione di Reinhart Koselleck, e di conseguenza dell'"orizzonte di aspettativa". Un orizzonte carico di tensione verso un futuro portatore di novità dirompenti, nel quale le esperienze passate faranno fatica a essere comprensibili tramite l'analogia del "questo è come quello".

L'ordinamento

La sequenza in cui si trovano i codici oggi è disomogenea e non consente di risalire all'ordine originario. Per ricostruire virtualmente tale ordine sarà necessario rilevare i segni distintivi (serie alfabetiche, numeriche, croci e marchi) sui dorsi e identificando i modi di inserire i titoli. Va però considerato che all'interno dei volumi gli stessi documenti sono stati ordinati e cuciti seguendo quella che appare, a una prima osservazione, una sequenza tematica/cronologica. Troviamo infatti volumi di Instrutioni, Litterae, Trattati, Avvisi etc. dove i documenti della stessa tipologia sono stati ordinati cronologicamente. I documenti presenti all'interno dei singoli volumi riportano, in alcuni casi, segni distintivi e fascicolazioni o numerazioni proprie (depennate e sostituite con una nuova coerente all'ordine del volume) che fanno supporre un ordine antecedente quello attuale. Ciò potrebbe spiegarsi considerando che molti dei materiali raccolti da Alciati dovevano trovarsi sciolti o con legature sommarie.
Gran parte dei codici presenta un indice iniziale dei documenti contenuti. Alcuni sono manoscritti e realizzati o all'epoca di P. Alciati o in corrispondenza con l'opera di rilegatura attribuile a P. Lazzeri. Altri sono invece dattiloscritti e aggiunti da archivisti che ordinarono l'archivio nella nuova sede della Gregoriana.

Obiettivi

Un primo obiettivo del progetto è l'individuazione e descrizione delle forme discorsive manoscritte in relazione con quelle coeve a stampa. Seguendo questo metodo di indagine è possibile individuare attraverso l’analisi della semantica e della materialità del documento la sua funzione sociale, in quanto forma che adempie una funzione selettiva capace di guidare le aspettative del lettore all’interno di un determinato sistema sociale. Questo implicherà la necessità di gettare un doppio sguardo sulla documentazione: in quanto varietà di forme che hanno veicolato la comunicazione dei saperi e nel contempo seguire l'evoluzione delle stesse forme. Da un primo sguardo sulla documentazione del Concilio di Trento individuiamo: istanze, disputazioni, negozi, osservazioni, trattati, consigli, opposizioni, diari, e altre. Per ognuna di queste forme andranno verificati contesti di produzione (con particolare attenzione all'influenza reciproca dei media manoscritto e stampato), caratteristiche materiali (formato, mise en page, presenza di apparati grafici) e circolazione.

Canones, et Decreta Sacrosanti Oecumenici, et generalis Concilii Tridentini Romae, 1564[5].

Un altro obiettivo riguarda l'individuazione del metodo di selezione e di ordinamento del materiale. La documentazione, raccolta nel corso di oltre trent'anni, deve avere avuto un ordinamento interno finalizzato al ritrovamento delle informazioni considerate di volta in volta utili per la composizione dell’opera.[6] Da questa selezione potrà descriversi un'archeologia dell'evoluzione dell’informazione, in quanto capacità di orientarsi dinanzi all’emergenza di nuove distinzioni all’interno del sistema sociale.
Oltre alla selezione operata sui documenti sarà necessario analizzare la stratificazione che questi hanno subito. Nell'analisi di questo fondo saranno identificabili almeno tre metodi di selezione attribuibili a Terenzio Alciati (1570-1651), Pietro Sforza Pallavicino (1607-1667) e Hubert Jedin (1900-1980) che collazionarono e selezionarono un gran numero di materiali per redigere, volta per volta, la “vera” storia del Concilio di Trento.

Lavori in corso

  • Per comprendere la struttura e le modalità di composizione dell’opera Istoria del Concilio di Trento realizzata da Sforza Pallavicino a compimento del lavoro di ricerca e raccolta dei documenti di Terenzio Alciati, si è scelto di iniziare con la trascrizione integrale dell’indice della prima edizione dell'opera (1656-1657), la Tavola delle cose più notabili, contenente nomi, opere, temi selezionati per un totale di ben 63 pagine in folio. Questo paratesto, insieme ad altri, è di capitale importanza in quanto strumento che pretende di orientare il lettore; dall'indice è inoltre possibile inferire l’aspettativa della repubblica dei lettori riguardo l'opera. Quest’osservazione si fonda sulla considerazione che nel processo di comunicazione è più rilevante la ricezione (comprendere o fraintendere l'informazione) che l’emissione (atto del comunicare).
  • Lo studio relativo alle modalità di selezione e organizzazione del materiale passerà invece da una revisione delle schede catalografiche presenti in MANUS on line: i dati attualmente presenti, spesso scarni e approssimativi, sono quelli riportati nelle schede topografiche dell’inventario dattiloscritto realizzato in APUG nel corso degli anni Settanta. In questa fase saranno individuate le tipologie testuali a partire da come si presentano nei titoli dei manoscritti, lavoro preliminare alla ricerca sulle forme discorsive. Inoltre per il materiale epistolare sarà realizzata una catalogazione a livelli per restituire i dati di ogni singola lettera.

Bibliografia

Contestualmente al progetto di ricerca sarà allestita una bibliografia specifica relativa alla storiografia sul Concilio di Trento.

La bibliografia è disponibile a questo link.

Note

  1. Gide, Ch., Cours d'économie politique, 1919, p. 154
  2. Historia del Concilio Tridentino. Nella quale si scoprono tutti gl'artificii della Corte di Roma, per impedire che né la verità di dogmi si palesasse, né la riforma del Papato, & della Chiesa si trattasse. Di Pietro Soave Polano. In Londra. Appresso Giovan(ni) Billio. Regio Stampatore. MDCXIX. Edizione in Wikisource : https://it.wikisource.org/wiki/Istoria_del_Concilio_tridentino.
  3. Commento di Francesco Antonio Zaccaria all'edizione del 1792 alla Istoria del Concilio di Trento di Pietro Sforza Pallavicino, p. LXXVIII.
  4. Scotti M. (a cura di), Storia del Concilio di Trento ed altri scritti di Sforza Pallavicino, 1968, p. 51
  5. Esistono tre tirature di questa prima edizione. La prima reca CCXXXIX carte e non presenta l’indice finale. Inoltre contiene molti refusi. La seconda è sempre numerata in cifre romane, ma presenta in fine un Index dogmatum, et reformationis di 12 pagine non numerate ed un testo più corretto. La terza tiratura ha la numerazione delle pagine in numeri arabi e (16) pagine finali, che, oltre all’indice, contengono per la prima volta la Bolla di Pio IV di conferma delle decisioni conciliari. (F. Govi, I classici che hanno fatto l'Italia, Milano, Regnani, 2010).
  6. Solo occasionalmente è presente un ordine cronologico.