Difference between revisions of "Jesuit Drama"

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* Analisi del possibile rapporto tra la ''ars oratoria'' e la produzione drammaturgica dei gesuiti. Analisi di una possibile relazione tra fonti della spiritualità ignaziana e produzione teatrale.
 
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Nel caso in cui si voglia partecipare singolarmente o con il proprio ente di ricerca a queste linee di investigazione si prega di sottoporre a valutazione il proprio progetto compilando il [[Special:Contact|form]].
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Revision as of 09:16, 3 November 2020

Friget enim poësis sine teatro[1]


L’APUG conserva nei fondi CURIA, APUG e COLLEGIO ROMANO numerosi manoscritti di opere teatrali realizzate dai professori di retorica del Collegio Romano e di altri collegi gesuiti, a partire dalla metà del ‘500.

Works Bibliography

APUG 1128 001r.jpg

Perspectiva pictorum et architectorum 47.jpg

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Accanto alle opere dei padri Francesco Benci, Bernardino Stefonio, Stefano Tuccio che conobbero anche una fortuna editoriale, vi sono alcuni testi rimasti inediti e talvolta senz'attribuzione autorale. Oltre ai testi drammaturgici l’APUG conserva esemplari miscellanei di orazioni, discorsi, intermezzi affidati ai professori del Collegio Romano in occasione degli atti accademici, degli omaggi letterari o di saluto per gli ospiti illustri. Scorrendo gli indici di questi volumi composti dalla fine del XVI secolo, oltre ai già citati retori, troviamo i nomi di André des Freux, Pedro Juan Perpinyà, Orazio Torsellini, Tarquinio Galluzzi, ecc.
Non si conservano solo composizioni ma anche indicazioni sulla pratica e sulle regole da tenersi nella stesura del testo e nella rappresentazione vera e propria. Fonte primaria per quest’ultima tipologia i tre volumi (APUG 2800, APUG 2801, APUG 2802) degli Annali del Seminario Romano di Girolamo Nappi (1584-1648) nei quali è possibile percorrere la vita accademica del Seminario anno per anno dal 1563 al 1647.


Status quaestionis

Negli ultimi anni diversi studiosi hanno consultato in APUG opere di retorica con particolare interesse alla produzione teatrale dei padri Francesco Benci, Famiano Strada, Stefano Tuccio e Bernardino Stefonio. E' infatti dagli anni Novanta[2] che si registra un rinnovato interesse verso questa tipologia di opere. Non si manifesta la stessa attenzione analizzando i cataloghi storici e gli inventari: spesso le descrizioni sono lacunose riportando dati frammentati e senza identificazione dell'autore. Da queste scarne descrizioni, dove talvolta le opere sono state liquidate come “drammi senza importanza” (Cfr. scheda del Catalogo topografico di APUG 1293) emerge chiaramente come ci sia stato uno spostamento dell'interesse verso queste tematiche. Per capire come l'attribuzione di valore (Cfr. concetto di valorizzazione espresso nel progetto Monumenta Concilii Tridentini) possa aver compromesso la stessa sopravvivenza dei manoscritti basterà citare la denuncia del 21 dicembre 1877 del bibliotecario Bartolomeo Podestà ‘’Oggetti trovati in un ripostiglio annesso ai locali della Biblioteca Vittorio Emanuele’’:

Tuttochè molti degli oggetti siano a ritenersi, come abbiamo veduto, pregevolissimi, altri ve ne sono che non si potrebbe spiegare perché fossero nascosti, se non forse per la fretta o per turbamento d’animo con cui fu condotta l’operazione. A mo’ d’esempio furono sottratti alcuni volumi dalla collezione degli Aldi, lasciandovi poi al posto altri di minor importanza; non si pensò a nascondere volumi e opuscoli di un valore incontestabile bibliografico, quando si fece di manoscritti e di carte inconcludenti.


Meriterebbe una valutazione a sè l'analisi delle motivazioni di questo spostamento di interesse, tanto più se si considera che l'istituzione che oggi conserva questi documenti è la stessa che li ha realizzati.
Nell'intraprendere questo progetto si rende necessario effettuare preliminarmente la ricognizione dei materiali presenti in APUG e così da settembre 2020 è stato avviato il censimento (consultabile a questa pagina) nei fondi antichi dell'archivio storico. Parallelamente si opera alla realizzazione di una bibliografia ragionata consultabile nella pagina dedicata.

Introduzione storica


Prof.ssa Mirella Saulini (2020)
Il teatro dei Gesuiti, iniziato all’incirca alla metà del ‘500, raccolse l’eredità delle rappresentazioni sacre, ma anche del dramma classico, anticipando al contempo la spettacolarità del teatro barocco. I secoli del massimo splendore furono il XVI e il XVII, ma si mantenne vivo fino al 1773, anno della soppressione della Compagnia di Gesù. Il repertorio è composto prevalentemente da tragedie latine, ma non mancano opere scritte nelle diverse lingue nazionali. Autori, e curatori della messinscena, erano quasi sempre i docenti di retorica; a recitare erano gli allievi. Lo stesso testo si rappresentava in più collegi, anche di paesi diversi e talvolta veniva modificato per l’occasione.

Andrea Pozzo, Perspectiva pictorum et architectorum, II, Fig. 47. Scenografia per le Quarant'ore nella Chiesa del Gesù di Roma (1695).

Perché nacque e si sviluppò il teatro dei Gesuiti? La ragione di fondo è nel suo fine pedagogico, ormai acclarato e riconosciuto. La stessa Ratio studiorum, mentre stabilisce, fin dalla stesura del 1586 e, con correzioni restrittive fino all’edizione definitiva, lo statuto dell’attività teatrale, la considera un mezzo atto a favorire e stimolare l’impegno di studio degli allievi, pur riconoscendole anche un modesto valore propagandistico, avendo i giovani modo di mostrare in teatro un esempio della propria preparazione. Prescrive, nel 1599, la n. 13 delle Regulae Rectoris: «Sia l’argomento di tragedie e commedie, che è importante non siano se non scritte in latino e rarissime, sacro e onesto; e non si ponga all’interno delle rappresentazioni cosa alcuna che non sia latina e conveniente, né vi si introduca alcun personaggio o abito femminile»; le donne non potevano neppure assistere allo spettacolo, ma il bando, nel primo caso si aggirava con interpretazioni figurali, nell’altro si ignorava.
Nei collegi le recite ebbero un precedente nelle composizioni poetiche e oratorie, anche studentesche, nonché nei dialoghi, richiedenti una sorta di attitudine scenica, che erano parte integrante del programma didattico e formativo. Significativo che nel luglio del 1558 la settimana di festeggiamenti per l’elezione del Preposito Generale Diego Laínez sia stata chiusa da quella che P. Mario Scaduto SJ (1907-1995) definì «un’appropriata rappresentazione teatrale».
Nel 1554 al Collegio Romano, le dispute accademiche inaugurali si conclusero, sembra, con un poema dialogico di André des Freux De scientiarum honestate ac utilitate dialogus; Ignazio di Loyola approvò l’esperimento e ne volle la diffusione. Il 5 novembre 1564 iniziò con un dialogo la premiazione degli studenti delle classi di grammatica, umanità e retorica. Si recitava anche fuori d’Italia; ad esempio, a Coimbra, andarono in scena due importanti tragedie latine di Miguel Venegas: Saul Gelboeus (1559), e Tragoedia cui nomen inditum Achabus (1562).
Per i soggetti si attinse all’Antico Testamento, al martirologio, più tardi alla storia. Nucleo ideologico era lo scontro, nell’animo dell’uomo e nel mondo, tra il bene e il male; lo scopo edificante richiedeva la vittoria del bene. In tale panorama, Stefano Tucci si differenziò scrivendo un’importante trilogia cristologica, dalla nascita al trionfo di Gesù nel giudizio finale; egli portò in scena anche la morte del Cristo, Rex Martirum, aprendo così la strada alla tragedia cristiana, o del martire, forse il più significativo apporto del teatro dei Gesuiti alla storia del Teatro moderno. Essa fu realizzata da Bernardino Stefonio, docente di retorica al Collegio Romano, esponente di spicco di quella che Marc Fumarolì ha definito la «dinastia dei maestri romani dell’arte oratoria». La tragedia del martire ‘nacque’ in quella sede nel 1597 con Crispus, cui seguì, nel 1600, Flavia, ambedue di Stefonio; l’imprescindibile modello è Seneca. La novità consiste nell’aver calato nella storia, nel caso quella di Roma, il messaggio cristiano, portatori del quale sono i protagonisti, cristiani, mandati a morte da un ‘tiranno’. Il protagonismo del martire, uomo ‘perfetto’ e non, come voleva il canone aristotelico, di «mezzana bontà», aprì una questione di poetica a lungo discussa. Diversi drammi gesuitici furono stampati all’epoca (di alcuni esiste anche un’edizione moderna), altri lo sono stati di recente, ma moltissimi sono ancora manoscritti. Cospicuo il corpus dell’Archivio della Pontificia Università Gregoriana: testi provenienti dal Collegio Romano e da altri collegi, non soltanto di Roma; alcuni sono anonimi, altri, autografi e non, riportano il nome dell’autore. Sappiamo, anche dal repertorio compilato a suo tempo da Paul Oscar Kristeller (1905-1999), che si tratta di un vero e proprio patrimonio da scoprire e da rendere accessibile, sia nel caso di scritti sconosciuti sia nel caso di copie di testi già conosciuti e stampati.

Linee di ricerca

L'APUG propone alcune possibili linee di ricerca a partire dal patrimonio conservato nei suoi fondi.

  • Osservazione della conflittualità generatasi intorno alla produzione drammaturgica all'interno e all'esterno della Compagnia di Gesù. Analisi degli eventuali tratti evolutivi nella produzione teatrale gesuitica. Cambiamenti nella normativa riguardo la rappresentazione teatrale.


  • La pratica del teatro gesuitico dentro e fuori i Collegi. Dal manoscritto alla stampa: analisi della produzione e circolazione editoriale di opere teatrali. Confronto tra opere teatrali e altre forme discorsive (orazioni, dialoghi ...).


  • Analisi del possibile rapporto tra la ars oratoria e la produzione drammaturgica dei gesuiti. Analisi di una possibile relazione tra fonti della spiritualità ignaziana e produzione teatrale.


Nel caso in cui si voglia partecipare, singolarmente o con il proprio ente di ricerca, si prega di sottoporre a valutazione il proprio progetto compilando il form.

Acknowledgements

Un sentito ringraziamento alla Prof.ssa Mirella Saulini che partecipa al progetto sin dalle prime fasi, sostenendo inoltre l'onere di alcune operazioni di restauro dei codici di Bernardino Stefonio[3].

References

  1. Incitamenta studiorum in Ratio atque institutie studiorum per sex patres ad id ius R.P. Preposti Generalis deputatos conscript (1591) p. 27. Nell'edizione del 1586: "Quoniam vero tragoediae nec ubique, nec semper, nec frequenter agi possunt, ne in nimiam desuetudinem abeat exercitatio, sine qua poesis pene omnia friget ac iacet, non parum expedit, ter aut quater in anno privatim in scholis humanitatis et rhetoricae sine scaenico ornatu a pueris mutuo colloquentibus recitari ab ipsis compositas aeglogas, scaenas, dialogos […]".
  2. I gesuiti e i primordi del teatro barocco in Europa, XVIII convegno internazionale del Centro studi sul teatro medioevale e rinascimentale (Roma-Anagni 1994)
  3. Cfr. la sezione Descrizione fisica: la materialità delle opere con le relazioni dei restauri effettuati sui codici APUG 1202 , APUG 1484, APUG 1252 e APUG 1199

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