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Ill.mo et Rev.mo Sig.re et padrone colendissimo.
Havendo io scritto difusamente sopra il decreto della Santità.di Nostro Signore Clemente Ottavo de Casibus reservatis, nè vorrei tralasciare cosa ohe fosse necessaria per la chiarezza dei casi, m'occorse dubitare se nell'undecimo caso nel quale si dice ch'incorra quello ch'aprirà o retardarà le lettere de'Superiori, s'includa anco quello che nello stesso modo interciperà, ritardarà ò vitiarà in alcun modo anche l'ubidienze di detti superiori, atteso che ben spesso maggior negotio è l'ubidienza, che non è una lettera et seco porta maggior utile alle Religioni l'esecutione delle ubidiente che delle lettere. Aggiungo che, essendo anco munite co'l sigillo del prelato, pare che dovriano essere annoverate trà le scritture publiche, portando seco quella necessità accennata dal sacro concilio di Trento Sess.25, Cap.4. Per la vera intelligenza di questo con ogni humile riverenza supplico V.S. Ill.ma e R.ma gratiarmi del suo sempre sicurissimo parere. Et quando le paresse bene farne anche motto nella sacra Congregatione de Regolari, per authenticare meglio il caso, mi rimetto in tutto a lei. Non attribuisca questa mia dimanda a poca reverenza, mà ad una sicura fermezza che tengo essere ogni suo parere firmassimo oracolo. Et Dio nostro Signore si degni longamente conservarla a beneficio di sua chiesa. Che sarà il fine con che a V.S. Ill.ma et R.ma fo umile riverenza et mi dono in gratia.
Verona 4 gennaro 1619.
Di V.S. Ill.ma et R.ma
Servo minimo.
Fra Gio. Batta Mantovano Capuccino.
All'Ill.mo et R.mo mio Sig.re et Pr'one col.mo il Sig.re Card.B.
Roma.
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Si risponda che ho considerato il caso che la P.tà Sua mi ha domandato: et io tengo certo che quell'articolo non si può estendere
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