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Ill.mo Signore. Alla lettera di V. S. delli 4 di novembre rispondo che io non ho parlato mai in congregatione veruna dell'accrescere le doti o rette delle monache, ma solo domandato dal Sig.re Ugo Baldini privatamente da me et lui solo, se mi pareva bene crescere le dote, supposto che le monache di S. Girolamo siano indebitate et non sia possibile mantenerle con la dote ordinaria, io dissi di sì. Et la ragione mia questa:
Primo, perché, non si trovano altro rimedio, è manco male crescere le dote che lassar andare in rovina un monasterio, crescendo ogni giorno i debiti et non ci essendo altro modo di levarli.
2°, perché così hanno fatto et fanno gl'altri monasterii. In Capoa le monache di S. Giovanni, che pure è ricco, prima si contentavano di 400 scudi, hora ne vogliono 800. In Fiorenza il cardinale Alessandro Medici, allora arcivescovo et poi papa,alzò le doti et, se bene il populo al principio reclamò, alla fine hebbe patientia. In Roma sono alzate talmente da poco tempo in quà che non si contentano di mille scudi.
3°, perché le doti di quelle, che si maritano, sono tutte cresciute, e dove a Montepulciano la maggior dote era mille scudi, hora è due milia o tre milia, come si sà. Et non è ragione che creschino tanto le doti delle maritate et le doti maritate et le doti delle monache stiano basse al solito. Tutta via ho parlato di nuovo al Sig.r Ugo, et siamo restati che, se si possa provare che le doti ordinarie bastino a sostentare il numero solito delle monache, senza inedebitarsi, che non si faccia altro: Ma io, che ho visto i conti et la gran parsimonia con che hanno il vitto le monache di S. Girolamo, credo che i loro parenti, se vedessero ancora loro li conti non avrebbono tolerato che le povere loro figliole o sorelle, oltra della perpetua clausura, havessero da patir del vivere tanto quanto patiscano.
Della retta intendo che solo era alzata da 24 scudi à
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