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Molto ill.re fratello. Ho havuto caro sapere la verità del debito con il Signor Giuseppe, et non gli darò niente. Li frati de'Servi potriano pigliare altro titulo, et aggregarsi in Roma à qualche altra compagnia, o vero senz'aggregatione domandare al Papa l'indulgenze per la sua cappella, quando habbia altra invocatione o titulo. Quanto al mutare casa, che pretendeva l'Abbate, domandavi parare a Messir Valerio, per vedere, se diceva niente qontra quello, che io havevo determinato, et non dicendo cosa in contrario, scrissi all'Abbate, che non mi pareva bene,che mutasse casa, poichè non ci era necessità dal canto mio, havendo altri parenti de Bellarmini, ne anco dal canto suo, essendo la Giada casa nobile in Siena. Ne altro ho che dire intorno a questo.
E comparso quà quel Giuseppe da Chianciano, che pretende per moglie la figliola di Messir Ricciardo, et subito disse, che era venuto per darmisi a conoscere per parente et servitore. Io lo spedii con poche parole. La mattina seguente tornò con dire, che ha un fratello di anni 17 et che desiderava, che io lo pigliasse in casa, o l'accommodasse in Roma in qualche altro modo. Risposi, che queste erano cose difficili, et che io havevo degl'altri piu bisognosi. Questo ardire, non essendo anco fatto il matrimonio, mi da segno di quel che faranno poi. Essendo venuto questo qua, et dicendo nell'anticamera chi era, et perche era venuto, un nostro paesano dissi poi, che la figliola di Messir Ricciardo era affogata con costui, perche diceva sapere, che non hanno niente. V.S. dica a Messir Ricciardo quello che gli pare di questo, che gli scrivo, ò tutto a parte, ò niente; et haverò caro, che V.S. vegga, la lettera, che io scrissi a Messir Ricciardo quindici giorni sono, se pure non l'ha visto. Et mi scusi con lui, se non rispondo alla sua, perche non ho altro da dirgli. Dio conservi V.S. Di Roma li 14 di febraro 1609.
fratello aff.mo di V.S.
il Card. Bellarmino.
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in verso: Al molto ill.re Signor fratello, il Signor Thomasso Bellarmini.