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Molto Ill.re Sig.re. Sabato scrissi per la posta di Milano e mandai la polizza per 1300 piastre da pagarsi in Siena, e una lettera di m Pietro. Credo sarà venuta. Ieri ricevei il vino e le altre robe mandate da V.S. e dalla Signora sua moglie. Rimando in cambio del vino molti fiaschi voti che qua erano soverchi, in cambio delle mele mando ciambelle, che, se bene paiono dure, sono buonissime per zuppa. In cambio della mostarda mando barattoli di conserve; in cambio delle uve passe, mando scatole di cose di cannella e zucchero; in cambio dei funghi mando centurini, quali ha domandato il garzone da parte della signora, se bene io non so se stia bene, che Giuseppe, che è prete, abbia da portar simile centurini.
Ligurio non è ancora comparso, ne il vescovo di Padova suo padrone. Si aspetta per tutto questo mese. Io non ho bisogno di dottori in legge e canoni, perchè oltre dell'auditore, che sa la parte sua, ho un'altro dottore di teologia e versato bene in canoni; e di più il Sig.r Mario Cosci, che fu mio vicario in Capua, il quale è dottore assai in utroque iure et praticissimo e molto uomo da bene, mi servirà per amico e consigliere, e lo terrò in casa fin che gli provveda di qualche chiesa o qualche buon governo. Ho bisogno di uno in luogo di Giuseppe, che faccia l'officio di m mastro di camera con nomenpero di coppiere; e questo vorrebbe essere ben nato, di buon aspetto e di migliori costumi, senza superbia, e affabile con tutti. Ora fa questo officio l'auditore e lo fa volentieri: tuttavia sarebbe meglio un altro che non avesse altro da fare. Intendo che il Cardinal Tarugi tratta di dare la sua pronipote, figlia del cavaliere, ad un certo Angelo Mancini, che è stato qui in seminario. Però, quando si avesse da trattare per il Signor Giuseppe, sarebbe bene quando prima, a ciò fossimo a tempo. Altro per ora non mi occorre. Iddio sia con V.S. e con tutta la sua famiglia. Di Roma, li 22 di novembre 1605.