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Ser.mo Sig.r mi.o oss.mo
Ha gran ragione V.A. S.ma di confidare in me qual si voglia sua cosa, e comandarmi, poichè non cedo, ne cederò mai a ser.re alcuno che ella abbia in questa corte in desiderio di servirla, e obbedirla semper. Onde in conformità di tutto ciò subito ricevuta la gratiss.a lettera di V.A. Ser.ma del 25 del passato me ne andai da N.S.re e gli rappresentai il negozio, e desiderio dell'A.V. S.ma sopra l'arcivescovado di Siena. Mi rispose S.B.ne che si voglia pensare sopra, e che un'altra volta l'avrebbe risoluto. Tornai dopo tre giorni da S.B.ne e gli feci di nuovo istanza per il buon fine del negozio, e mi rispose che non voleva fare altro. Io non potei replicare altro poichè per prima non avevo lasciato cose alcuna da dirsi per servire a V.A. S.ma, ne avevo ancora parlato al S.r Card.le Tarugi, e avutone risposta che per ogni rispetto gli piaceva il soggetto. A me dispiace infinitam.te di non avere avuto fortuna di servire in questa occasione a V.A. S.ma, ma la supp.co a credere che si come ora per me non si è mancato in cosa alcuna per mostrarle quanto io stimi i suoi comandam.ti così farò sempre che [non] me ne farà grazia. Conchè facendo riverenza a V.A. S.ma le prego da Dio ogni desiderata felicità. Di Roma li 3 di luglio 1605.
Di V.A. Ser.ma
umiliss.o e devotiss.o servitore
Il Card. Bellarmino.
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Al Ser.mo Sig.r mio oss.mo, il Gran Duca d i Toscana.