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.... Quello[1] poi che ho scritto, di non voler arricchire parenti, se vi dispiace, è segno che vorreste vedere me dannato all'inferno, purchè voi steste bene di qua. Leggete il primo capitolo de Reformatione della sessione ultima del Concilio di Trento: "Omnino sacra synodus episcopis interdicit, ne ex reditibus Ecclesiae consanguineos, familiaresve suos augere studeant; cum et Apostolorum canones prohibeant, ne res ecclesiasticas, quae Dei sunt, consanguineis donent, sed si pauperes sint, iis ut pauperibus distribuant."[2] E poco più a basso dice l'istesso concilio, che questo medesimo hanno da osservare i Cardinali. Se alcuni altri hanno fatto altrimenti, a me non importa. La mia legge sono i sacri Canoni, e non gli esempi degli altri. Il beato Lorenzo Giustiniani, patriarca di Venezia,[3] più volte pregato dal fratello, che l'aiutasse a maritar le figliuole, gli rispose, che la roba della chiesa era dei poveri, e che in quella città v'erano de più poveri di lui. Se avrete l'animo composto e benordinato verso Dio, Iddio vi aiuterà ed io non mancherò in quello, che sarà giusto e onesto, e che lo comporti la coscienza: se vi parrà di fare altrimenti, siate sicuro, che io non sono innamorato dei parenti, e già ho fatto quello che comanda l'istesso Concilio nell'istesso luogo dicendo: "quam maxime potest eos sanata Synodus monet, ut omnem humanum hunc erga fratres, nepotes, propinquosque, carnis affectum, unde multorum malorum in ecclesia seminarium extat, penitus deponant."[4]