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una lunga vita. Amen.
Circa poi il sapere qualche cosa di me: mi trovo sodisfatissimo, e contentissimo in questa parte, e molto più per le gratie, che mi hanno fatto, e fanno questi serenissimi Principi, conoscendo però il tutto essere in riguardo della raccomandazione di V. R. la quale supplico di scrivere due lettere, una al Gran Duca, l’altra al Gran Principe suo figlio ringratiandoli di quanto m’hanno fatto, e raccomandandomi alla di loro protettione; perche mi sono hoggidì circondato dagl’inimici Mahomettani, che mi minacciano ancor che di lontano, cercando per ogni via la mia ruina: però io non temo di loro, ne di cosa alcuna, mentre stò appoggiato totalmente in Dio, del quale devo per ogni raggione temere. Io piacendo alcielo mi farò Christiano nelfine di questo mese con un cuore più chiaro d’un christallo, e più puro del latte, perche Dio ha riempito il mio cuore con il suo amore, e già sono incominciati à comparire sopra di me li splendori della sua gratia, conoscendo il tutto essermi venuto per mezzo di V. R. e sò di certo, che non per altro fine mi hà fatto ciò, che per mera carità, domandando anche il compimento del mio bene da V. R. perche altra persona non conosco per mio benefattore, se non Iddio in Cielo, e lei in terra: laonde stò con un cuor pendente per l’amore, che le porto, non potendo riposare se non quando sarò presente per godere di V. R.: e questo non solo sarà per poco tempo, ma sin ch’io viva. Prego per tanto l’Altissimo iddio, che le dia altezza non mondana, mentre che il mondo con quanto mai in esso si ritrova si dilegua come un ombra, ma in quella Patria celeste. Il Severissimo Gran Duca, il Gran Principe, come anche il Principe Mathias la salutano caramente, assicurandola, che l’amano veramente di cuore. Io mi trovo qui lontano dalla sua persona, orfano non havendo altro che Dio, poiche mi veggo assaltato più volte dagl’inimici, et invidiosi mahomettani, li quali stanno attendendo questa mia mutatione, gridando, fremendo, e minacciandomi per essere io già risoluto d’abbracciare la Verità Christiana. Quelli Turchi poi di Livorno, delli quali ero sacerdote e Maestro mi mandano giornalmente lettere di fuoco per pervertirmi, ma io le leggo, e burlandomi di loro invece di rendergli risposta le straccio calpestandole con i piedi. Per fine la riverisco