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mandarini, gente superiore, grandi uomini intelligenti, persone di talento e d'ingegno, e dalle loro conversazioni ho ritirato moli insegnamenti e molto profitto, di cui sono riconoscentissimo"[1].

Mentre professava una schietta e profonda ammirazione per la Cina, il citesName::Ricci, da zelante missionario, aveva a cuore, non proprio di dire, ma piuttosto di fare indovinare ai suoi visitatori, che c'era pur qualche cosa, che essi non conoscevano ancora. A tal fine si serviva di tutti gli oggetti da lui portati o fatti venire Italia, o anche fabbricati da lui stesso sul posto; oggetti che eccitavano fortemente la curiosità dei Cinesi, i quali non ne avevano mai visto di simili. Nelle sue modeste residenze egli soleva esporre pendoli e strumenti di orologeria; vetri triangolari di Venezia; quadri del Salvatore, della Madonna di S. Maria Maggiore di Roma, o dei Santi Padri o dei Canonisti, magnificamente legati e dorati; strumenti di matematica e di astronomia, come astrolabi, sfere armillari, quadranti, meridiane; opere architettoniche, cosmografiche e geografiche; insomma tutto quello che poteva far conoscere la cultura occidentale ed eccitare nei visitatori, spesso Viceré o grandi Dignitari di Corte, alti mandarini e superbi letterati, il desiderio di saperne ancora di più. Egli discorreva coi suoi visitatori della rotondità della terra, del movimento dei pianeti, delle eclissi, e di altri simili soggetti scientifici. Poi profittava abilmente di tutto per far loro intravedere la bellezza di quella Religione, dalla quale tutta questa cultura occidentale emanava.

  1. CC., loc. cit., p. 52.