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7 mars 1620.Bell.� Ant.Cervini(suite)
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ne gli parrebbe tanto poco, quanto bora gli pare. Qua si dice, che esso vorrebbe, che io gli rinunciasse 1'Abbadia di Capua, et che questo significavano le lagrime, che spargeva, quando tornò dal Vivo. Io credo, che l'Abbadia non l'haverà nessuno de nostri parenti, perche il Papa già mi ha insinuato, che non la darà à nessuno de nostri; ne io per l'avenire, potrò dare molto, perche fin qua ho dato à molti parenti delle pensioni mie, dugento al sig.or [[Name::Marcello]], cento al Sig.or [[Name::Alessandro Cervini]], cento al Sig.or [[Name::Gaspare Bellarmini]], ducente al cavaliere [[Name::Vincentio]], et dugento à [[Name::Nicolò]] mio nipote. Ma hora ho patito un gran danno al Piemonte, dove havevo piu di mille scudi l'anno, et hora non ho havuto piu che cento cinquanta scudi, et due anni passati, quasi niente. Se io seguitavo il modo del Card. S.ta Croce, la mia casa hora saria ricca, dove che è povera, et non arriva ad un quarto di quella di V.S.; ma io di questo poco mi curo, gia che questa terra non è il nostro paese, ma un'hosteria. Hora concludendo, dico che se il Sig.or Marcello si risolva di attendere à se stesso, tutti gli saranno amici, et affettionati, come erano alcuni anni sono. Ma se esso seguiti di volere intrigarsi delle facende di altri, sarà impossibile che stia quieto. Quanto à Vincentio, io gli feci quando venne qua un longo ragionamento, essortandolo à stare unitissimo con il Signor Marcello, et quanto alle cerimonie, ordinai, che si trattassero di uguali, et che à casa si trovano alla destra, ci stesso <unclear></unclear>, et non fusse fra loro differenza nessuna. Nondimeno poi Nicolò pretende esser offeso dal Signor Marcello, et però non volentieri conversa con lui. Io gli ho detto, che questa, che esso chiama offesa, è fatta à buon fine, et però non se ne deve curare. Ma io veggo, che l'un'e l'altro ha le sue pretensioni, et sarà difficile tenerli molto affettionati insieme. Ma questo non ha che impedire, che il signor Marcello non stia in casa mia quieto, purchè esso quieti se stesso, et non si curi delle cose d'altri. Non occorrendomi altro, saluto caramente V.S. con tutta la sua casa. Di
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ne gli parrebbe tanto poco, quanto bora gli pare. Qua si dice, che esso vorrebbe, che io gli rinunciasse 1'Abbadia di Capua, et che questo significavano le lagrime, che spargeva, quando tornò dal Vivo. Io credo, che l'Abbadia non l'haverà nessuno de nostri parenti, perche il Papa già mi ha insinuato, che non la darà à nessuno de nostri; ne io per l'avenire, potrò dare molto, perche fin qua ho dato à molti parenti delle pensioni mie, dugento al sig.or Marcello, cento al Sig.or Alessandro Cervini, cento al Sig.or Gaspare Bellarmini, ducente al cavaliere Vincentio, et dugento à Nicolò mio nipote. Ma hora ho patito un gran danno al Piemonte, dove havevo piu di mille scudi l'anno, et hora non ho havuto piu che cento cinquanta scudi, et due anni passati, quasi niente. Se io seguitavo il modo del Card. S.ta Croce, la mia casa hora saria ricca, dove che è povera, et non arriva ad un quarto di quella di V.S.; ma io di questo poco mi curo, gia che questa terra non è il nostro paese, ma un'hosteria. Hora concludendo, dico che se il Sig.or Marcello si risolva di attendere à se stesso, tutti gli saranno amici, et affettionati, come erano alcuni anni sono. Ma se esso seguiti di volere intrigarsi delle facende di altri, sarà impossibile che stia quieto. Quanto à Vincentio, io gli feci quando venne qua un longo ragionamento, essortandolo à stare unitissimo con il Signor Marcello, et quanto alle cerimonie, ordinai, che si trattassero di uguali, et che à casa si trovano alla destra, ci stesso , et non fusse fra loro differenza nessuna. Nondimeno poi Nicolò pretende esser offeso dal Signor Marcello, et però non volentieri conversa con lui. Io gli ho detto, che questa, che esso chiama offesa, è fatta à buon fine, et però non se ne deve curare. Ma io veggo, che l'un'e l'altro ha le sue pretensioni, et sarà difficile tenerli molto affettionati insieme. Ma questo non ha che impedire, che il signor Marcello non stia in casa mia quieto, purchè esso quieti se stesso, et non si curi delle cose d'altri. Non occorrendomi altro, saluto caramente V.S. con tutta la sua casa. Di
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