Rome, nov.l612. Bellarmin � Joseph V�gnanes�?
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/ 111^^ Signore. Alla lettera di V.S. delli 4 di novembre rispondo che io non ho parlato mai in congregatione veruna dell'accrescere le doti o rette delle monache, ma solo domandato dal Sig^^ Ugo Ubaldini privatamente da me et lui solo, se mi pareva bene ^^crescere le dote, supposto che le monache di S.Girolamo siano inde bitate et non sia possibile mantenerle con la dote ordinaria, io dissi di si. Et la ragione mia � questa: Primo,perche, non si trovando altro rimedio, � manco male cre scere le dote che lassar andare in rovina un monasterio, crescendo y^7ogni giorno ^ debiti et non ci essendo altro m�do di levarli. 2�, perche cosi hanno fatto et fanno gl'altri monasterii. In Capoa le monache di S.Giovanni, che pure � ricco, prima si contenta vano di 400 scudi, hora ne vogliono 800. In Fiorenza il cardinale Alessandro Medici, allora arcivescovo et poi papa, alz� le doti et, /y*se bene il populo al principio reclam�, alla fine hebbe patientia. In Roma sono alzate talmente da poco tempo in qu� che non si contenta^no di mille scudi. 3�, perche le doti di quelle, che si maritano,sono tutte cres ciute, e dove � Montepulciano la maggior dote era mille scudi, bora � due milia o tre milia, come si s�. Et non � ragione che creschino tanto le doti delle maritate et le doti delle monache stiano basse al solito. Tutta via ho parlato di nuovo al Sig^ Ugo, et siamo res tati che, se si possa provare che le doti ordinarie bastino � sos tentare il numero solito delle monache,senza indebitarsi, che non ^^^si faccia altro; Ma io, che ho visto i conti et la gran parsimonia con che hanno il vitto le monache di S.Girolamo, credo che i loro parenti, se vedessero ancora loro li conti, non avrebbono tolerato che le povere loro figliole � sorelle, oltra della perpetua clausu ra, havessero da patir del vivere tanto quanto patiscano. Della retta intendo che solo era alzata da 24 scudi d'oro �
