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e sin la propria vita un dì ti tolga il tuo fidato amico; godi pur godi ò Duce dell'amistà del Rege, io prego i Dei, che non sortiscan ben i tuoi disegni e che marcischi il gelo, e le speranze e li contenti tuoi; mà che più parli ò mostro di crudeltà e d’empietà nefande? Tù con l’inganni tuoi e tradimenti hai tolto al Rè la vita l’honor hai tolto à i Dei, e sol hai dato la morte all’innocenti, il Regno à tuoi nemici, e per te stesso tanto mal hai comprato quanto potrà mai imaginar pensiero dunque se ciò sia vero, che devo far, che mi consiglia amore? Fuggir queste mura? andrò tra boschi e tra le selve horrende ad habitar coi mostri e con le fiere ben degna stanza del mio corpo infame? Ma questo al fin che giova? Fuggendo ahime non fugirò me stesso m’haverò sempre appresso, mà chisà se fuggendo trovasse alcun che per pietà m’uccida? mà perché tarda il cielo con folgori e saette ad il mondo di pestilenza tale? e come ancor non s’apre, sotto i miei piè la terra? ancor, ancor sostiene, sì portentoso mostro?