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182 Bellarmin � son frbre Thomas Rome, 21 septembre 1601.
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Molto Ill.re Sig.r Fratello. Scrivo al Sig.r card.le Borromeo, come V.S. vede. La sua lettera ho stracciata, e consumata, come desiderava; così farà lei della mia. Non mi ricordo aver detto a Giuseppe, che da lei abbia udito quella parola "superbo"; ma si bene una volta dicendogli io, che era tenuto altero da questi di casa, e esso negandolo, e dicendo che era cortesissimo con tutti, io gli dissi, che lui non vedeva se stesso, ma che gli altri notavano i suoi gesti alteri; e allora aggiunsi, che V.S. ancora aveva notato questo modo di procedere. Ora le cose sono tutte mutate, e credo stia contentissimo, ne più ha gelosia della camera, anzi mi pare, che volentieri si assenta, e lascia fare agli altri.
 
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E si bene già si è accorto, che io non lo voglio per padrone, ne per consigliere, o maestro, come pare pretendeva, nondimeno vede insieme che l'amo, e stimo, per amor vostro, più d'ogni altro, poi che non solo faccio le spese a lui, ma anche al servitore, e al cavallo, che non le faccio a nessuno altro. E avendo questo inverno bisogno di 60 scudi per non so che suoi debiti, glieli diedi a conto dei donativi offertigli tre volte di 20 scudi per volta, quali aveva ricusati; e questa estate avendo, per comprare il suo officio di scrittore apostolico, bisogno di 300 scudi, che i suoi non bastavano, e avendoli presi a compagnia d'officio al 12 per cento, io gli feci guastare quel contratto, e gli diedi 300 scudi a ciò non avesse da pagare i censi. E si bene lui diceva, che gli bastava, che glieli prestassi, io nondimeno dissi, che glieli
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a conto dei donativi che gli avrei fatto per sei 5 sette anni. Tutto questo ho fatto per tenerlo contento, e sicuro che gli voglio bene, perchè non si può credere il grugno, che faceva, e quanto tempo stava taciturno, e non la griccia, quando sospettava che io non gli volesse bene. Non mi pare, che abbia niente contra V.S., anzi lui è quello che fa il procuratore, a ciò io vi mandi denari, o altre
 
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/ Molto 111^^ Sig^ Fratello. Scrivo al Sig^ card^^ Borromeo,
 
 
 
come V. S. vede. La sua lettera ho stracciata, et consumata, come
 
 
 
desiderava; cos� far� lei della mia. Non mi ricordo haver detto
 
 
 
Giuseppe, che da lei habbia udito quella parola "superbo"; ma si
 
 
 
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casa, et esso negandolo, et dicendo che era cortesissimo con tutti,
 
 
 
io gli dissi, che lui non vedeva se stesso, ma che gl'altri nota
 
 
 
vano i suoi gesti altieri; et allora aggiunsi, che V. S. ancora ha-
 
 
 
veva notato questo modo di procedere. Bora le cose sono tutte muta-
 
 
 
te, et credo stia contentissimo, ne piu ha gelosia della camera,
 
 
 
anzi mi pare, che volentieri si assenta, et lassa fare � gl'altri.
 
 
 
Et si bene gi� si accorto, che io non lo voglio per padrone, ne
 
 
 
per consigliere,o maestro, come pare pretendeva, nondimeno vede in
 
 
 
sieme che l'amo,et stimo, per amor vostro, pi� d'ogni altro, poi
 
 
 
che non solo fo le spese lui, ma anco al servitore, et al caval
 
 
 
lo, che non le fo � nessuno altro. Et havendo questo inverno bisog
 
 
 
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donativi offertigli tre volte di 20 scudi per volta, quali haveva
 
 
 
ricusati; et questa estate havendo, per comprare il suo officio di
 
 
 
scrittore apostolico, bisogno di 300 scudi, che li suoi non basta
 
 
 
vano, et bevendoli presi compagnia d'officio 12 per cento, io
 
 
 
gli feci quastare quel contratto, et gli diedi 300 scudi � ci� non
 
 
 
havesse da pagare i censi. Et si bene lui diceva, che gli bastava,
 
 
 
che gle li prestasse, io nondimeno dissi, che gle li
 
 
 
 
 
 
conto de donativi che gl'harei fatto per sei 5 sette anni. Tutto
 
 
 
questo ho fatto per tenerlo contento, et securo che gli voglio be
 
 
 
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stava taciturno, et non la griccia, quando sospettava che io non
 
 
 
gli volesse bene. Non mi pare, che habbia niente centra V. S., anzi
 
 
 
lui quello che fa il procuratore, � ci� io vi mandi denari,5 al-
 
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Molto Ill.re Sig.r Fratello. Scrivo al Sig.r card.le Borromeo, come V.S. vede. La sua lettera ho stracciata, e consumata, come desiderava; così farà lei della mia. Non mi ricordo aver detto a Giuseppe, che da lei abbia udito quella parola "superbo"; ma si bene una volta dicendogli io, che era tenuto altero da questi di casa, e esso negandolo, e dicendo che era cortesissimo con tutti, io gli dissi, che lui non vedeva se stesso, ma che gli altri notavano i suoi gesti alteri; e allora aggiunsi, che V.S. ancora aveva notato questo modo di procedere. Ora le cose sono tutte mutate, e credo stia contentissimo, ne più ha gelosia della camera, anzi mi pare, che volentieri si assenta, e lascia fare agli altri. E si bene già si è accorto, che io non lo voglio per padrone, ne per consigliere, o maestro, come pare pretendeva, nondimeno vede insieme che l'amo, e stimo, per amor vostro, più d'ogni altro, poi che non solo faccio le spese a lui, ma anche al servitore, e al cavallo, che non le faccio a nessuno altro. E avendo questo inverno bisogno di 60 scudi per non so che suoi debiti, glieli diedi a conto dei donativi offertigli tre volte di 20 scudi per volta, quali aveva ricusati; e questa estate avendo, per comprare il suo officio di scrittore apostolico, bisogno di 300 scudi, che i suoi non bastavano, e avendoli presi a compagnia d'officio al 12 per cento, io gli feci guastare quel contratto, e gli diedi 300 scudi a ciò non avesse da pagare i censi. E si bene lui diceva, che gli bastava, che glieli prestassi, io nondimeno dissi, che glieli a conto dei donativi che gli avrei fatto per sei 5 sette anni. Tutto questo ho fatto per tenerlo contento, e sicuro che gli voglio bene, perchè non si può credere il grugno, che faceva, e quanto tempo stava taciturno, e non la griccia, quando sospettava che io non gli volesse bene. Non mi pare, che abbia niente contra V.S., anzi lui è quello che fa il procuratore, a ciò io vi mandi denari, o altre
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