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il padrone Arcivescovo nostro, accio provedi con la prudenza sua. E quando V.S. Ill.ma giudicasse opportuno d'interporre l'autorità e favor suo con qualche resentimento christiano con detdo di Tomaso, lo giudicarei molto efficace per compositione dell' humor suo e mia quiete, vedendo io non haver fatto dal canto mio altro dispiacere à tal persona, sol che con una fede in scritto che approdava la sufficienza fattali da me e dal primicerio Minicillo in raccomandatione appresso V.S. Ill.ma, prima la provista del suo canonicato presbiterale, come potria forsi ricordarsi. E non è gran cosa nuova che li buoni officii alle volte per opera del nimico demonio si riscontrino con simili ingratitudini. E chi sà se Dio benedetto volesse dar rimedio con tanto mezzo come questo di V.S. Ill.ma dove confidentemente hò attrevito alla fine ricorrere. Che se è tanto disturbo et tentatione non troverò altro rimedio, sarò costretto per fuggirla non solo perdere quel poco che la mia fatica e peso mi suggerisce co'l ritirarmene per sempre da questo carrico, ma sequestrarmi affatto dalla cita, per vivere qual poco che mi resta e morir quietamente lontano da simile tentatione. Nel tutto rimettendomi al Signore et alla buona gratia di V.S. Ill.ma alla quale humilmente bacio le mani e priego il colmo d'ogni vero bene e salute.
Di Capua à xix di gennaro 1619
Di V.S. Ill.ma et Rev.ma
Humilissimo servitore et oratore
Don Scipione Donato Prim.rio Coadiutore
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Si risponda che ho grandissima compassione alla persona sua. Monsignore Arcivescovo non è in Roma, ne sappiamo se tornerà.
Al canonico Thomasi non ardisco scrivere, perche dubito che il suo humore aia un ramo di pazzia,il quale non si può curare con ragioni ma con clausura. Tuttavia, se V.S. si assicura che il mio scrivere possa giovare et non nuocere, l'avisi, che lo farò; ma ho paura ch'esso non finga di credermi, et poi inganni me et nuoca à lei.