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O Dio immortale, che cosa mai può esser quella che ci fa sviar dalla conversatione tanto gioconda di questo amatissimo Signore? Poiché in lui solo si trova, non solamente qualche cosa del nostro proprio gusto, ma tutto il bene, e tutta la felicità del cielo, e della terra, mentre che stà così quasi interrogando uno per uno con dire: Ambbulare vis? Ego sum via. Fali non vis? Ego sum veritas. Mori non vis? Ego sum vita. Che cosa donque si può metter in paragone di questa via della perfettione, per la quale dobbiamo caminar verso il cielo, di quest’infillibile verità, per la quale senza dubio alcuno arriviamo alal sua vera cognitione; di questa eterna vita, per la quale certissimamente già è donata a noi la vita? Donque, sorelle mie, amiamo, amiamo da vero quest’infinita bontà, immensa carità, et inesplicabile potenza, e per nessuna cosa né del cielo, né della terra habbiamo da alontanarci dalle sue braccia; poicjè nell’occasione deve ogn’uno rivolgersi alla sua anima con dire: O anima mea, qua vis ambulare? Deus est tua via. Quo vis ire? Deus est tua veritas. Ubi vis permanere ? Deus est tua vita. Quella serafina d’amore Teresa Santa era tanto perfetta nella cognitione di questa celeste vita, finch’arrivò a dire queste parole: Io parlando, sto interamente attendendo e vedendo che parlo con Dio con maggior avvertenza che nelle parole che dico. Ma o Dio buone perché noi altri non facciamo lo stesso? Volendo questa Santa insegnar ai servi di Dio come ella arrivata a sì gran altezza di spirito, disse: chi vuole che la sua oratione gli giovi molto, procuri, che l’opere sue siano conforme aggl’atti e le parole. Piacesse a Dio, che ogn’una di voi altre facesse una vera risolutione di cercar per ogni via perfettionarsi nella vita incominciata, et imitare questa gran maestra, si spirito Teresa in quanto si è detto, acciochè vi venghino di quei divini dardi, e saete infocate d’amore, che habbe lei per viver continuamente ferite, et infiammate di sarafico amore, che senza dimora quanto si ritrova di terreno nel cuore facilmente lo scacciarete facendo degno habitacolo di quel sposo celeste a cui solo già vi sete per gratia sua liberalmente dedicate. Finisco con raccomandarmi caldamente alle loro sante orationi, acciochè il benigno Signore mi dia questa gratia di poter imprimere il suo Santissimo Nome nel cuor di tutti gl’infedeli, e particolarmente di quei ostinati mahomettani, che per la loro gran cecità, et ignoranza non veggeno, né tampoco credano l’evangelica verità ch’an me senza’alcun mio merito è stata da Dio manifestata. Hora già che il pietoso Signore mi chiamò a sé per modo straordinario e mi

elesse a far tal officio di predicar il suo evangelio a chi non lo conosce, e ciò non senza qualche frutto essendo che per maggior gloria sua habbiamo raccolti al grembo della Santa Chiesa in spatio d’un anno, che sono in questa città di Genova due cento, e dieci turchi, convertiti. Piacesse a Dio, sorelle mie, che io sradicassi affatto da ogni parte quella maladetta setta mahomettana per piantar in cambio d’essa la verità christiana; ma a voi tocca inpetrarmi da Dio con le vostr orationi questa gratia, mentre i miei peccati m’impediscano d’haverla. Credo ch’il Signore voglia ch’io lasci questa città per andar quanto prima a manifestar il sacro evangelio in altra, dove si trova maggior numero di turchi, se non verà nuovo avviso delle mieri superiori da Roma per lasciar in quest’anno tutta questa parte, et andar subito alla mia preparata e bramata mission dell’Indie dove spero mediante le vostre preghiere d’illuminar quella misera e cieca gente con la luce evangelica con dar anche alla fine fra essa, la mia vita alli flagelli, tormenti e morte per amor di Dio. Con che vi riverisco una per una, facendo saper a tutte che mai mi sono scordato né scordarò di loro nelle miei Sacrificii. Genova 9 di Giugno 1665.

Di V. S. molto Reverenda

Humilissimo in Xto. servo Padre Baldassare Loyola Mandes delle Compagnia di Giesù.